“Ci sarà l'alba di un nuovo giorno anche per noi. Un'alba in cui ci sentiremo di nuovo bene e capiremo di non aver sbagliato percorso. Un'alba in cui ci sentiremo orgogliosi di quello che siamo riusciti a fare. Un'alba che arriverà anche grazie a chi, quando staremo per cadere, ci porgerà la mano. E anche grazie a chi non lo farà” (Braveheart)

"Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perché è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall'ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni. La vera crisi è la crisi dell'incompetenza. Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono i meriti. E' nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza. Parlare di crisi è creare movimento; adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo. Invece di questo, lavoriamo duro! L'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla" (Albert Einstein 1879-1955)
Questo Blog nasce con il preciso intento di far sentire la propria voce ed esprimere il proprio pensiero liberamente e democraticamente.

...la flessibilità è una caratteristica meritevole, la precarietà è uno stato di sofferenza...
"Esorto tutti ad una presa di coscienza, esorto tutti a non subire un trattamento ignomignoso. Invito tutti a non subire gli eventi ma partecipare agli stessi. Bisogna portare ogni vicenda, ogni torto, ogni intento dilatorio dinanzi alle sedi giudiziarie ed in tutti i gradi del giudizio. Bisogna essere uniti e partecipi."
Google
 

STABILIZZAZIONE DEL RUOLO UFFICIALI DELLE FORZE ARMATE

La Comunità Europea con Direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, ha stabilito il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per tutti i lavoratori a tempo determinato del settore privato e pubblico (tanto per chi soggiace a diritto pubblico quanto per chi viene sottoposto a diritto privato) una volta che venissero maturati determinati requisiti.

L’ITALIA, in applicazione della riportata Direttiva 1999/70/CE ha emanato il Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che garantisce, tra le altre cose, il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a tutti i dipendenti a tempo determinato, una volta che vengano superati i trentasei mesi di servizio con proroga.

Le sentenze della Corte di Giustizia Europea Ruoli C-212/04, C-53/04, C-180/04, tra luglio e settembre 2006, hanno ribadito il diritto alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato per tutta la compagine dei dipendenti pubblici (confermando il contenuto di cui alla Direttiva 1999/70/CE), ovvero anche il diritto al risarcimento per equivalente.

Di conseguenza, lo Stato Italiano, in deroga all’art.36, c.5, D.Lgs. n.165/01, il 27.12.2006, con Legge 296/06 (Finanziaria 2007) ha disposto (art. 1 cc.417, 420, 519, 523, 526), la stabilizzazione (id est: trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato, a tempo indeterminato) di tutto il personale della Pubblica Amministrazione assunto a tempo determinato per un periodo superiore ai 36 mesi, a partire da quello in servizio al 01.01.2007; infatti sarebbe risultato eccessivamente oneroso per le finanze statali procedere alla concessione di un immediato “risarcimento per equivalente” a tutto il personale in possesso del citato requisito.

La “Stabilizzazione” è semplicemente una sanatoria, conseguente a contingenti decisioni prese in ambito europeo.

Per inciso, durante l'anno 2009, il Sig. Y. G., un ufficiale ausiliario del Corpo delle Capitanerie di porto (congedato durante l’anno 2007), è stato stabilizzato nella P.A. proprio in virtù del triennio di servizio maturato nel Corpo delle Capitanerie di porto

Si vuole infatti precisare che il comma 519, articolo unico della legge finanziaria 2007, ha disposto una procedura di assunzione straordinaria di personale della Pubblica Amministrazione, parallela, anche se diversa, a quella relativa alle ordinarie assunzioni.

Secondo la "Difesa" il comma 519, articolo 1 della legge n. 296/06 prevede la stabilizzazione del personale del pubblico impiego in ragione del 20% del fondo di cui al comma 96, art.3, Legge n. 311/04.

Il riportato "fondo" afferisce la disponibilità nei riguardi delle assunzioni in deroga al c.d. blocco del "turn over" stabilito con il comma 95, art. 3, Legge n. 311/04.

Tale divieto generalizzato di assunzioni di personale a tempo indeterminato imposto alle pubbliche amministrazioni per il triennio 2005-2007 dal comma 95 dell'articolo unico della finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), non riguarderebbe il personale dipendente delle Forze armate, e ciò in quanto la detta norma precisa che sono fatte salve le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226.

Conseguentemente, le Forze Armate non potrebbero accedere allo speciale fondo, istituito dal successivo comma 96 per finanziare, in deroga al divieto di cui al suddetto comma 95, quelle assunzioni che si rendessero necessarie per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza; pertanto i dipendenti precari delle Forze Armate non potrebbero beneficiare delle stabilizzazioni di cui al comma 519 dell'articolo unico della finanziaria 2007 (L. n. 296/2006), in quanto tale disposizione, per istituire il necessario nuovo fondo per finanziare tali stabilizzazioni, scorpora il 20% del fondo di cui al citato comma 96 della finanziaria 2005.

A ben guardare, il comma 519, articolo 1 della legge n. 296/06 prevede la c.d. stabilizzazione del personale del pubblico impiego statuendo apposito fondo, corrispondente ad una quota (20%) delle risorse di cui al precedente comma 513, e non già al c. 96, art. 3, L. 311/04 tout court; in particolare, si sottolinea che il comma 513 rifinanzia il fondo di cui al c. 96.

Ma già il comma 96 art.3, L.311/04 consisteva in un rifinanziamento del precedente fondo c.d. "in deroga al blocco delle assunzioni" stabilito dall'art. 3, comma 54, della legge n. 350 del 2003.

Il comma 55 della sessa legge stabiliva, poi, che le deroghe di cui al precedente comma – quindi le richieste di assunzione in deroga al "blocco" - erano autorizzate secondo la procedura di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni; e che nell’ambito delle procedure di autorizzazione delle assunzioni è prioritariamente considerata l’immissione in servizio degli addetti a compiti connessi alla sicurezza pubblica, al rispetto degli impegni internazionali, alla difesa nazionale, al soccorso tecnico urgente, alla prevenzione e vigilanza antincendi e alla protezione civile; con ciò autorizzando anche le Forze Armate (in particolare il Ruolo Ufficiali) all'accesso al fondo di che trattasi, come infatti è avvenuto.

A fortiori si sottolinea che in tutti i provvedimenti di Autorizzazione all'assunzione del personale nelle pubbliche amministrazioni in deroga al c.d. "blocco", per gli anni 2004-5-6 e proprio per lo stesso anno di riferimento della stabilizzazione – 2007 - (cfr: D.P.R. 25 agosto 2004, D.P.R. 6 settembre 2005, D.P.R. 28 aprile 2006, D.P.R. 29 novembre 2007), è previsto il beneficio di una parte del fondo di che trattasi in favore del personale delle FFAA.

Nonostante tanto, la "Difesa", in maniera alquanto contraddittoria, sostiene le FFAA essere sottratte al beneficio di cui alla spartizione del fondo in parola.

Invero le Forze Armate, non sono esonerate in toto dal suddetto blocco generalizzato delle assunzioni, né, di conseguenza, ad esse è precluso l'accesso al fondo di cui al comma 96 art. 1 L. 311/04.


Assunzioni connesse con la professionalizzazione

La norma infatti non fa salve tutte le assunzioni delle Forze armate, ma soltanto quelle finanziate dalla legge 14 novembre 2000, n. 331, dal decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e dalla legge 23 agosto 2004, n. 226, ovverosia:

· per quel che attiene le FFAA, le assunzioni relative ai ruoli non direttivi e quelle del personale destinato all'inquadramento, alla formazione ed all'addestramento dell'organico da professionalizzare;

· per quel che attiene il Corpo delle Capitanerie di porto, le sole assunzioni delle categorie del ruolo truppa;

tanto, a mente della L. 331/00 e dell'art. 23, c. 3, e dell'art. 28, c. 1, L. 226/04, (come, peraltro confermato dallo stesso D.P.R.6 settembre 2005).

Infatti, la normativa relativa alla professionalizzazione di cui alla Legge 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04, prevede (in coerenza con gli oneri di cui alla tabella "A" della L. 331/00, e a decorrere dall'anno 2007, dalle tabelle "C" ed "E" di cui alla L. 226/04), per quel che attiene le Forze Armate (ad esclusione del corpo delle Capitanerie di porto):

· l'aumento di 10.450 unità del ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente,

· il reclutamento di 30.506 volontari del medesimo ruolo in ferma prefissata,

· il mantenimento in servizio di circa 31.500 volontari di truppa in ferma breve,

Di più stabilisce che al fine di compensare il personale in formazione è computato un contingente di volontari in ferma prefissata di un anno determinato annualmente nelle misure di seguito indicate:

· 4.021 unità nell'anno 2005;

· 821 unità, in ciascuno degli anni dal 2006 al 2011;

· 749 unità, in ciascuno degli anni dal 2012 al 2020.

Infine dispone, al fine di inquadrare, formare e addestrare i volontari in ferma prefissata di un anno, un contingente di personale militare determinato annualmente nelle misure di seguito indicate:

· nell'anno 2005: 210 ufficiali, 350 marescialli, 350 sergenti, 1.743 volontari in servizio permanente;

· negli anni dal 2006 al 2007: 120 ufficiali, 200 marescialli, 200 sergenti, 996 volontari in servizio permanente;

· negli anni dal 2008 al 2020: 90 ufficiali, 150 marescialli, 150 sergenti, 747 volontari in servizio permanente.

Per quel che riguarda il Corpo delle Capitanerei di porto l'assunzione ed il mantenimento in servizio di:

· 3.500 volontari di truppa in servizio permanente del Corpo delle Capitanerie di porto,

· 1.775 volontari in ferma ovvero in rafferma del Corpo delle Capitanerie di porto,

In più al fine di compensare il personale in formazione non impiegabile in attività operative stabilisce un contingente di volontari in ferma prefissata di un anno nelle misure di seguito indicate:

· 200 unità nell'anno 2005;

· 235 unità negli anni 2006 e 2007;

· 5 unità in ciascuno degli anni dal 2008 al 2015.

Sotto tale segno la normativa sulla professionalizzazione delle Forze Armate prevede precisi fondi per l'attuazione del disposto normativo stesso (infatti, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione Italiana, ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte).

Da tanto, si precisa che gli unici oneri e relativi fondi previsti dalla detta normativa per l'assunzione del personale da professionalizzare si rinvengono nella Tabella "A" di cui alla legge 331/00 e alle Tabelle "C" ed "E" di cui alla L. 226/04; ovverosia 500.000.000 euro per le FFAA e 70.000.000 per il ruolo truppa delle Capitanerie di porto.

Tanto a fronte di una spesa pari a 9.000.000.000, per mantenere il personale delle Forze armate (escluso il Corpo CP), e di 500.000.000 per quello del Corpo delle Capitanerie.

Per quanto sopra citato, risulta di tutta evidenza che le uniche assunzioni del ruolo ufficiali connesse con la professionalizzazione delle FFAA di cui alle leggi 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04 attengono i seguenti contingenti:

a) nell'anno 2005, 210 ufficiali;

b) negli anni dal 2006 al 2007, 120 ufficiali;

c) negli anni dal 2008 al 2020, 90 ufficiali.

Per le restanti assunzioni di ufficiali delle FFAA, invece, si utilizzano gli ordinari stanziamenti inscritti nei fondi strutturali del Dicastero della Difesa, che, logicamente nulla hanno a che fare con i fondi e quindi con le assunzioni di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04.

Per quel che attiene il Corpo delle Capitanerie, invece, alcuna componente del ruolo ufficiali è legata alla formazione del personale da professionalizzare; infatti il reclutamento degli ufficiali del "Corpo" interviene grazie agli ordinari stanziamenti del Dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti.

Risulta, poi, del tutto inconferente con le assunzioni connesse con la professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04) l'inclusione, a partire dal 01.01.2006, delle dotazioni organiche del Ruolo Ufficiali delle FFAA nel decreto di cui all'art.2, c.3 del D.Lgs. 215/04.

Infatti la Legge 2 Dicembre 2004, n.299 (non già il D.lgs. 215/01) stabilisce da un lato, le dotazioni organiche del ruolo ufficiali, dall'altro, che il reclutamento del ruolo ufficiali è regolamentato secondo le disposizioni di cui all'art.60 e seg. del D.Lgs. 490/97, fino all'anno 2009, con ciò vanificando ogni tentativo di ricondurre in toto l'assunzione del personale del ruolo ufficiali delle FFAA o la determinazione organica dello stesso alla normativa sulla professionalizzazione di cui alla L.331/00, al D.Lgs. 215/01, e alla L. 226/04.

Ammesso e non concesso, poi, che la circostanza possa definirsi dirimente della connessione delle assunzioni del Ruolo Ufficiali delle FFAA con la normativa sulla professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04), comunque il Ruolo Ufficiali del Corpo delle Capitanerie di porto ne sarebbe escluso, stante la mera considerazione che l'ultimo decreto sull'organica del detto ruolo datato 9.11.2004 risulta adottato ai sensi e per gli effetti del combinato del disposto normativo di cui all'art. 1 e 60 del D.Lgs. 490/97, attinente il "Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali, a norma dell'articolo 1, comma 97, della legge 23 dicembre 1996, n. 662", pertanto altra destinata normativa del tutto inconferente con la Professionalizzazione delle FFAA.

Né la normativa sulla professionalizzazione prevede alcunché per il Ruolo Ufficiali del Corpo delle Capitanerie di porto; anzi a ben vedere la gestione del detto personale viene ex lege esclusa dallo stesso dettato normativo (cfr: art.3, c. 1, lett. a, L. 331/00, art. 1, c.1 D.Lgs. 215/01, art. 27, 28 L .226/04).

La prova di tanto si ha nel D.P.R. 6 settembre 2005, recante "autorizzazione ad assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 1, commi 95, 96 e 97 della legge 30 dicembre 2004, n. 311".

Infatti in tale anno aldilà delle 210 assunzioni di ufficiali delle FFAA connesse con la professionalizzazione si sono assunti circa 450 ufficiali delle FFAA, con i fondi per le assunzioni in deroga.

Se effettivamente fosse come sostenuto dalla Difesa, ovverosia che a far data dal 1.01.2006 tutte le assunzioni del ruolo ufficiali fossero connesse con la normativa di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04, ci si domanda come potrebbe mai essere che proprio la stessa normativa sulla professionalizzazione disponga per l'anno 2005 l'assunzione di personale che, secondo la Difesa, solo a far data dall'anno successivo avrebbe dovuto "rientrare" tra le assunzioni connesse con la professionalizzazione; ovvero anche, come sia stato possibile per il ruolo ufficiali delle FFAA attingere lo stesso anno (2005) tanto ai fondi sulla professionalizzazione tanto a quelli sulla stabilizzazione, se non in virtù di un "diversa" destinazione delle risorse!

Infatti, ammesso e non concesso – perchè è circostanza impossibile, né mai provata –, poi, che a partire dal 2006 le risorse già previste specificamente per la professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04), siano state utilizzate anche per l'assunzione del Ruolo Ufficiali delle FFAA, questo non dovrebbe significare che in quel momento le Forze armate sono state "sottratte al blocco delle assunzioni ed alla relativa deroga di cui al comma 96.

Si tratterebbe, come è evidente, di differenti risorse economiche, a cui le Forze Armate (in particolare il Ruolo Ufficiali) hanno avuto accesso alternativamente, in relazione alle proprie esigenze concrete ed alle concrete disponibilità dei relativi fondi, tutti in astratto accessibili.

Ma si ribadisce che la circostanza è del tutto irrealistica stante il fatto che le risorse messe a disposizione dalla professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04) hanno interessato il solo personale "non direttivo" delle FFAA, del quale notoriamente non fa parte il Ruolo Ufficiali; eccezion fatta per il personale assunto per la formazione, mai l'assunzione di alcun ufficiale delle Forze armate è stata garantita da alcun fondo sulla professionalizzazione, né è possibile riscontrare una simile affermazione nella normativa di che trattasi.

Ora, se già nel 2005, come del resto anche nel 2006 e addirittura nello stesso 2007 le FF.AA. sono state autorizzate ad accedere al detto fondo - per giunta proprio per le assunzioni che si vorrebbe far ricadere nella professionalizzazione, quelle che sarebbero dovute essere certamente escluse dal blocco e dal relativo fondo - non si vede per quale ragione le Forze armate non abbiano proceduto a richiedere l'autorizzazione all'accesso al fondo de quo anche per la richiesta di stabilizzazione dei propri "ufficiali precari", peraltro per far fronte a nuove ed autonome esigenze (quelle relative appunto alla stabilizzazione dei dipendenti precari), totalmente diverse, se non addirittura diametralmente opposte, a quelle sottese alla professionalizzazione.

Peraltro, si aggiunga sommessamente che, anche a voler escludere l'accesso delle FF.AA. all'originario fondo di cui al comma 96 della finanziaria 2005, si deve tener presente che, nel momento in cui la finanziaria 2007 ha scorporato il 20% del suddetto fondo, ha bloccato tale quota, mutandone la destinazione. In altri termini, quel 20% non fa più parte del fondo originario, ma costituisce un nuovo fondo, con una nuova destinazione, accessibile soltanto per finanziare le stabilizzazioni di cui al comma 519 della finanziaria 2007. Di conseguenza l'originaria destinazione del primo fondo (le assunzioni urgenti in deroga al blocco del turn over) diventa oggi del tutto irrilevante con riferimento a quel 20% che oggi costituisce un fondo nuovo, autonomo e diverso.

Con specifico riferimento agli Ufficiali, la "Difesa" afferma che le assunzioni a tempo indeterminato (rectius in S.P.E.) degli Ufficiali non potrebbero accedere al fondo di cui al comma 519, in quanto si tratterebbe di assunzioni "funzionali" alla riforma della professionalizzazione, che dunque andrebbero effettuate solo con i fondi propri della professionalizzazione, e non con i fondi del comma 519.

Tuttavia, neanche tale assunto pare condivisibile. Innanzi tutto lascia perplessi il fatto che le assunzioni a tempo indeterminato degli ufficiali delle FFAA possano essere considerate istituto giuridico connesso alla riforma della professionalizzazione, visto che già all'epoca dei fatti (1 gennaio 2007) la riforma era compiuta, in quanto legata alla contingenza dell'abolizione del servizio di leva e alla riduzione dell'organico delle FFAA a 190.000 unità, dunque fisiologicamente temporanea, pensata e realizzata per la "graduale sostituzione leva con militari di professione" (si vedano in tal senso le norme istitutive di tale riforma: legge 14 novembre 2000, n. 331, decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, legge 23 agosto 2004, n. 226).

Inoltre, anche a volere riscontrare tale rapporto funzionale, ciò non toglie che le stesse assunzioni possano essere considerate altrettanto necessarie (al pari degli omologhi colleghi dell'Arma dei Carabinieri) pure con riferimento alla stabilizzazione dei precari, e ciò proprio in base alla ratio sottesa al comma 519.

D'altronde, non bisogna dimenticare che il comma 519 disciplina non le assunzioni tout court, bensì solo quelle mirate, appunto, alla stabilizzazione dei precari. In altri termini, se l'Ufficiale "militare di professione" è pure precario, non si vede per quale ragione non possa accedere alla stabilizzazione ex art. 519.

Peraltro è solo il caso, brevemente di accennare che il c. 95, L. 311/04, non fa salve solamente le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle FFAA di cui alle leggi L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04, ma pure quelle connesse con la professionalizzazione dell'Arma dei carabinieri di cui all'articolo 3, comma 70, della legge 24 dicembre 2003, n.350.

Queste ultime assunzioni, in particolare, intervengono a completamento del programma di sostituzione dei carabinieri ausiliari (di cui all’art. 21 della legge 28 dicembre 2001, n.448 e dell’articolo 34, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), che dispone che in relazione alla necessità di procedere alla progressiva sostituzione dei carabinieri ausiliari in deroga a quanto stabilito dall’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è attivato un arruolamento di contingenti annui di carabinieri in ferma quadriennale.

Il successivo c. 96 art. 1 della L. 311/04 ha disposto, in deroga al divieto di cui al comma 95, per le amministrazioni ivi previste, apposito fondo per le assunzioni che si rendessero necessarie per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, asservendo l'autorizzazione alle modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n.449, e successive modificazioni.

Ha, infine, statuito al c.96 che nell’ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all’assunzione di cui al comma 97 è prioritariamente considerata l’immissione in servizio, in particolare, del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e il controllo dei confini dello Stato, e degli addetti alla difesa nazionale.

Con ciò, pertanto, da un lato, ha escluso l'accesso al fondo di che trattasi al ruolo truppa tanto delle tre FFAA quanto dell'Arma dei Carabinieri, in quanto dotati di specifico fondo per le assunzioni connesse con la professionalizzazione dello stesso ruolo; dall'altro, ha riservato al personale del Ruolo Ufficiali sia delle FFAA che dell'Arma il beneficio di cui al c. 96, art. 1, L. 311/04.

Invero la finanziaria 2007 ha voluto estendere le risorse destinate alla stabilizzazione scorporando, in aggiunta, anche una porzione del già citato fondo, distinto ed autonomo istituito proprio per la riforma della professionalizzazione.

Di conseguenza, l'accesso al fondo ex comma 96 non può essere precluso in modo generalizzato alle Forze armate, ma al contrario costituisce una risorsa finanziaria a cui anche le FF.AA. (ed in particolare il ruolo ufficiali) possono accedere.

Ciò è comprovato anche dal successivo comma 97, che prevede, proprio con riferimento alle suddette autorizzazioni in deroga al c.d. blocco del turn over, che sia "prioritariamente considerata l'immissione in servizio degli addetti a compiti di sicurezza pubblica e di difesa nazionale" - peraltro ripercorrendo quanto già disciplinato dal riportato comma 55, articolo 3, L. 350/03 -.

Nel merito è solo il caso di accennare l'evidenza della frase che coinvolge le FFAA, e non già i soli corpi di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e corpo della Guardia di Finanza); infatti, qualora il legislatore avesse voluto intendere gli appartenenti alle sole forze di polizia (tanto ad ordinamento civile quanto militare), gli sarebbe bastato citare gli addetti a compiti di sicurezza pubblica; tutto ciò, come è noto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 57 del C.P.P.

Il legislatore ha, comunque, messo a disposizione ulteriori risorse (di cui all'art. 1, c. 417, 419, L. 296/07); a fortiori nella circolare del 24 marzo 2007 del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nelle Pubbliche amministrazioni, si legge che le amministrazioni pubbliche non citate espressamente nel comma 519, in quanto sottoposte a specifiche disposizioni in materia di assunzioni ... adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto dal medesimo comma 519 in termini di requisiti e modalità di assunzione, tenendo conto delle relative peculiarità e nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.

Di più si sottolinea che la procedura di cui alla stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione, prevede altresì (cfr: c. 526, art.1, L. 296/06) che tale procedimento si debba necessariamente estendere ai successivi due anni (2008, 2009); in questo caso, però le assunzioni devono essere garantite dai fondi strutturali del singolo Dicastero, come testimoniato dallo stesso D.p.c.m. 06.08.2008, che ha stabilito le assunzioni a tempo indeterminato di che trattasi con i fondi del singolo Ministero; con ciò legittimando l'ultroneità di riferimento al fondo di cui all'art. 1, c. 96, L. 311/04.

In tal senso è solo il caso di ricordare quanto espresso nel parere del Capo Ufficio Legislativo del Ministero per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, Avv. Danilo DEL GAIZO, datato 05.12.2006 si legge: "...per le assunzioni in deroga autorizzate sempre per l'anno 2007 è, infine, considerata prioritaria l'immissione in servizio, tra gli altri, degli addetti al personale della difesa nazionale.

lunedì 21 febbraio 2011

Settemila militari di troppo: potrebbero cambiare ministero

I militari in Italia sono troppi. Occorre ridurre: ma come, se non è possibile licenziare? Si può provare con la mobilità, suggerisce qualcuno. Visto che un militare è pur sempre un impiegato statale, lo si potrebbe mandare a lavorare presso un'altra amministrazione dello Stato.

Applicando il principio che si chiama degli "esuberi trasferiti". Vi immaginate allora qualche migliaio tra marescialli e colonnelli (i gradi apicali, gli stipendi più alti) che indossano anfibi ed elmetto e traslocano dal Ministero della Difesa a quello dei Trasporti o delle Pari Opportunità?

Questa che, raccontata così, può sembrare una facezia, minaccia invece di divenire a breve una realtà.

D'altronde, ha spiegato il Capo di Stato maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini, lo scenario della sicurezza globale «si manifesta non attraverso parametri lineari e prevedibili, ma con dinamiche riconducibili alla teoria del caos e del disordine». Bisogna «sapersi adattare» alle nuove complessità del mondo, dice Camporini. E noi ci adatteremo. Faremo così scendere il numero complessivo dei nostri militari a 177.000 unità, come prescrive il Capo di Stato maggiore. Il Nuovo Modello di Difesa aveva previsto che i militari delle quattro Armi (Aeronautica, Carabinieri, Esercito e Marina) fossero 190.000.

Oggi ne abbiamo in servizio circa 184.000; dobbiamo quindi dimagrire di 7.000 unità in pochissimo tempo. Ci vuole una cura da cavallo. I tecnici della Difesa sono già al lavoro per trovare la "ricetta" che sarà presto tradotta in un disegno di legge governativo.

La mobilità del personale, a cui abbiamo accennato più sopra, è una delle possibilità alle quali il Ministero pensa. Sempre meglio, comunque, che trovarsi di fronte al massimo male, cioè al blocco dei reclutamenti.

Chi scrolla le spalle e crede che il blocco dei reclutamenti in Italia sia una cosa impossibile, vada a leggersi la "Nota aggiuntiva allo stato di previsione della Difesa per l'anno 2011", firmata dal ministro La Russa. In un passaggio è scritto che «i tagli finanziari apportati condizioneranno le future alimentazioni dei ruoli. In particolare si delineerà comunque una situazione che costringerà le Forze Armate a ridurre drasticamente, finanche azzerare, i reclutamenti per il 2011 e per i successivi anni».

Il rischio è, come si vede, molto alto. E dire che, paradossalmente, il Bilancio della Difesa 2011 prevede addirittura un aumento della spesa per gli investimenti: 3,45 miliardi per acquisire nuovi mezzi (i cacciabombardieri F35, gli elicotteri e i sommergibili U-212, tra gli altri).

Però, se da un lato il ministero della Difesa allarga i cordoni della borsa, dall'altro toglie fondi per l'esercizio (1,4 miliardi nel 2011; -18,2% rispetto al 2010).

E' una cosa assai curiosa, perché significa dotare le Forze Armate di strumenti moderni e sofisticati, per poi sottrarre le ore di addestramento necessarie al personale che quei mezzi deve far funzionare.

A titolo di esempio, due anni fa i piloti dell'Aeronautica prevedevano per il loro addestramento 90.000 ore di volo.

Nel 2011 ne faranno 30.000, intensificando il lavoro a terra, sul simulatore di volo. La Marina nel 2008 ha avuto 45.000 ore di moto, nel 2011 ne disporrà di 29.800, giacché si sa che bisogna razionalizzare la nafta per mandare avanti le navi. E l'Esercito farà solo 2.880 ore di esercitazioni (nel 2008 furono 7.500).

A proposito dell'Esercito, è piena emergenza per i carri armati "Ariete" (li utilizzammo a Nassiriya): ne abbiamo circa 200 ma pare che quelli in grado di essere operativi siano non più di una decina, a causa della carenza di manutenzione.

Insomma, i vertici della Difesa studiano senza posa come razionalizzare e come risparmiare senza perdere di efficacia, ma certo, come sottolinea il generale Camporini, «non è facile vedere dove si vuole andare se il solo parametro sembra quello, sicuramente importante ma non l'unico, della riduzione di risorse e di organici».

Carlo Mercuri - IL MESSAGGERO.IT

venerdì 4 febbraio 2011

Il Collegato alla Consulta

Cassazione: lesi i diritti dei lavoratori precari

Piazza Cavour boccia le norme approvate con il collegato lavoro definendole lesive dei diritti costituzionali dei cittadini e rimette alla Corte costituzionale la questione sull'indennità prestabilita (fra 2,5 e 12 mensilità) da erogare, in virtù delle nuove disposizioni, al posto del risarcimento del danno. Ma non solo. Fino all'intervento dei giudici della Consulta tale indennità dovrà essere applicata in tutte le fasi del giudizio, inclusa quello in Cassazione. È quanto emerge dall'ordinanza n. 2112 del 28 gennaio 2011 della Suprema corte. In 12 pagine di motivazioni la sezione lavoro ha dato una bordata alle norme appena approvate definendole espressamente come «lesive del diritto al lavoro». «Non è, per contro, manifestamente infondato», si legge nel lungo passaggio chiave della sentenza, «il dubbio di contrasto fra i commi 5 e 6 dell'art. 32 1. n. 183/2010 e i principi di ragionevolezza nonché di effettività del rimedio giurisdizionale, espressi negli arti. 3, secondo comma, 24 e 111 Cost.».

La nuova legge sembra insomma «anche ledere il diritto al lavoro, riconosciuto a tutti i cittadini dall'art. 4 Cost.».

Infatti, aggiungono gli Ermellini, il danno sopportato dal prestatore di lavoro a causa dell'illegittima apposizione del termine al contratto è pari almeno alle retribuzioni perdute dal momento dell'inutile offerta delle proprie prestazioni e fino al momento dell'effettiva riammissione in servizio.

Fino a questo momento, spesso futuro e incerto durante lo svolgimento del processo e non certo neppure quando viene emessa la sentenza di condanna, il danno aumenta col decorso del tempo e appare di dimensioni anch'esse non esattamente prevedibili. Insomma secondo il Collegio della sezione lavoro le norme del collegato metterebbero ingiustamente in forse la misura del ristoro dovuto ai precari, dando modo al datore di lavoro di persistere nell'inadempimento.

In un passaggio successivo la Cassazione dice infatti che la liquidazione di un'indennità eventualmente sproporzionata per difetto rispetto all'ammontare del danno «può indurre il datore a persistere nell'inadempimento, eventualmente tentando di prolungare il processo oppure sottraendosi all'esecuzione della sentenza di condanna».

Tutto ciò vanifica il diritto del cittadino al lavoro e nuoce all'effettività della tutela giurisdizionale, «con danno che aumenta con la durata del processo», in contrasto con il principio affermato da quasi secolare dottrina che esige, per quanto materialmente possibile, «corrispondenza tra la perdita conseguita alla lesione del diritto soggettivo ed il rimedio ottenibile in sede giudiziale».

E per finire i giudici hanno pure messo in rilievo come la violazione del diritto al lavoro emerga chiaramente anche dal contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Infatti anche secondo i magistrati d'Oltralpe, «la sproporzione fra la tenue indennità e il danno, che aumenta con la permanenza del comportamento illecito del datore di lavoro, sembra contravvenire all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato siglato nel 1999».

FONTE

lunedì 31 gennaio 2011

La legge sui precari finisce alla Consulta I giudici: "Costituzione violata in più punti"

I sindacati: migliaia i contratti impugnati. Domani scade il diritto al ricorso. La questione sollevata dal tribunale di Trani: "Negato il principio di uguaglianza"

ROMA - Il "collegato lavoro" finisce davanti alla Corte Costituzionale. A sollevare la questione di legittimità costituzionale, a meno di due mesi dall'entrata in vigore della legge, è stato il Tribunale di Trani. Nel mirino la norma che riduce l'ammontare del risarcimento al lavoratore assunto illecitamente con un contratto a tempo. Nella sua ordinanza il giudice parla di "violazione di una quantità incredibile di norme costituzionali", a cominciare dall'articolo 3 sul principio di uguaglianza.

Ma anche altre norme del "collegato", che lo stesso presidente della Repubblica rinviò alla Camere prima di promulgarlo dopo un lunghissimo iter parlamentare, rischiano di essere sottoposte all'esame della Consulta. Questa almeno è la previsione della Cgil. Di dubbia costituzionalità - sempre secondo Corso d'Italia - anche quella che retroattivamente fissa in sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge il tempo entro il quale è possibile impugnare il proprio contratto a tempo determinato. I primi sessanta giorni scadono domenica prossima (di fatto l'ultimo giorno è domani) e la Cgil parla di una montagna di contratti già impugnati dai lavoratori precari. Solo attraverso gli uffici della Cgil ne sarebbero stati presentati quasi 6.000 senza considerare quelli dei lavoratori della scuola che hanno preparato i ricorsi collettivi. Migliaia di ricorsi anche attraverso Cisl e Uil più caute, però, nel criticare la
legge e le conseguenze sul piano costituzionale. Certo la
norma che doveva ridurre il contenzioso e accelerare le decisioni potrebbe produrre un effetto boomerang. Dice Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil: "La filosofia del "collegato" ribalta la tradizione del diritto del lavoro italiano nato per difendere la parte più debole nel rapporto di lavoro, cioè il lavoratore. Che per questo è costrette a rivolgersi alla magistratura".

Prima del "collegato" un lavoratore assunto illegittimamente con un contratto a termine, una volta ottenuto la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato aveva anche diritto a un risarcimento integrale, compresi i contributi previdenziali. Ora è stato ridotto da un minimo di 2,5 mensilità a 12 e che può essere ulteriormente ridimensionato alla metà nel caso ci sia un accordo sindacale. Secondo il Tribunale di Trani non si capisce quale sia "l'interesse superiore da tutelare che possa giustificare la scelta del legislatore". Di più: "La forfetizzazione del risarcimento ha tutto il sapore di un inaccettabile contentino per il lavoratore". La parola ora passa ai giudici costituzionali.

mercoledì 19 gennaio 2011

“Task Force 45”: più buia la notte, più luminosi i fuochi

Non ho mai visto in tv un ministro della Difesa mimare come fa un attore in un film di ultima categoria” Insomma un La Russa che recita la parte del comico in un cinepanettone in programmazione tra S. Silvestro e la Festa della Befana.
“Camporini ha detto la verità, è stato il titolare di Palazzo Baracchini a cambiare versione, le accuse che ha lanciato hanno un effetto negativo anche sulla situazione interna del Paese. Squalificano le istituzioni, la politica e le forze armate.
Si sta scardinando (intenzionalmente?) il tessuto connettivo del Paese. Dopodiché non resta nulla. I nostri sabotatori, gli incursori non dipendono dall’Esercito ma dalla Nato. Prendono ordini direttamente dal Comando Generale di Bruxelles. Scendono dagli elicotteri ed eliminano tutto quello che incontrano addentrandosi, anche di notte, in territorio “ostile”. Questa è guerra. Eliminare significa uccidere”.
Sono dichiarazioni rilasciate da Fabio Mini in questi giorni alle agenzie di stampa che le hanno totalmente ignorate. Quello che ha detto il generale lo sapevamo e lo abbiamo scritto in più occasioni, dal 2009 in poi.
Sei parlamentari di Montecitorio hanno ripreso i contenuti dei nostri articoli sulla famigerata “Task Force 45” per presentare delle interrogazioni a risposta scritta direttamente al presidente del Consiglio piuttosto che rivolgersi al ministro della Difesa o ai sottosegretari Giuseppe Cossiga (!), figlio di Francesco, e Guido Crosetto, con l’intenzione di metterci allo scoperto piuttosto che di far sapere qualcosa in più agli italiani.
Ma c’è di peggio di un “malinteso” o di una versione discordante sulla morte di Matteo Miotto tra il D’Annunzio del XXI secolo e il CSM delle FF. AA.
Camporini andrà in pensione anticipata tra 12 giorni dopo aver accennato, ai margini della recente polemica sulla morte dell’alpino del VII Reggimento di Belluno della Brigata Julia, per la prima volta a responsabilità esclusivamente politiche per la strage di Ustica che si tirerà dietro quella di Bologna.
Torniamo al titolare di Palazzo Baracchini. La Russa racconta flagranti menzogne anche sui cacciabombardieri per l’attacco al suolo AMX Acol in dotazione al PRT di Herat. Ce li fa apparire come velivoli esclusivamente da ricognizione quando invece sono armatissimi e fanno decine di morti ammazzati a “strike”.
Se il ministro mente e l’Aeronautica Militare dal canto suo nasconde il “lavoro” tra le righe, salta immediatamente agli occhi la piena responsabilità politica dei presidenti Napolitano e Berlusconi, del sottosegretario Letta e dell’intero esecutivo nella faccenda. I vertici delle istituzioni e della politica sanno perfettamente quello che succede sul terreno nelle 4 province sotto (formale) controllo del contingente italiano in Afghanistan.
La Russa firma gli ordini esecutivi ma le decisioni collegiali vengono prese al Quirinale quando si riunisce il Consiglio Supremo di Difesa. Entriamo nel merito. Nel portale del ministero della Difesa, Missioni Estere, Aeronautica Militare Italiana, si legge: “… il personale navigante e specialista della Task Force “Black Cats” (pallino yankee) proviene dai Gruppi di volo dell’A.M.I che hanno in dotazione il caccia AM-X: il 132esimo stormo e il 103 gruppo del 51esimo stormo di Istrana e il 13esimo del 101 Gruppo del III stormo di Amendola (lo stesso aggiungiamo noi che effettuò per ordine dell’allora presidente del Consiglio D’Alema, consigliere militare Tricarico, ripetuti lanci di missili antiradiazione Harm sugli impianti radar del Montenegro nel 1999 in missione SEAD - Suppression of Enemy Air Defence - senza autorizzazione dell’Onu).
Abbiamo pubblicato a suo tempo anche i numeri degli oggettini indirizzati verso i targets in prossimità di alloggiamenti dei militari serbi.
Continuiamo a leggere quello che ci dice il portale.
“… Sabato 4 Dicembre ad Herat si è svolta la cerimonia del passaggio di consegne tra il maggiore Nadir Ruzzon, comandante uscente e il maggiore Michele Grassi, subentrante.
Nel periodo di comando del maggiore Ruzzon i 4 AM-X Acol (acronimo di Aggiornamento Capacità Operativa e Logistica) hanno portato a termine con successo numerose missioni operative. Negli ultimi mesi sono state effettuate più di 300 ore di volo in 140 sortite (attenzione qui) tra attività di supporto aereo ravvicinato, appoggio tattico alle truppe in operazioni di Close Air Support e ricognizione aerea per esigenze di intelligence, sorveglianza e ricognizione ISR”. Per non dare interpretazioni errate o di parte abbiamo usato Vikipedia. Ecco cosa riporta.
Close Air Support (C.A.S) è un termine utilizzato in gergo militare per indicare appoggio tattico fornito da velivoli ad ala fissa contro obbiettivi nemici in prossimità di forze amiche.
Il ruolo Close Air Support viene effettuato da aerei da attacco al suolo.
Per essere meno criptici, in soldoni, il Comando del PRT di Herat usa gli AMX che mitragliano e i bombardano con armi a guida laser e i Tornado IDS con missili e spezzioniere, per proteggere, si sostiene, il contingente italiano anche quando la minaccia sul terreno è pressoché inesistente o nulla.
La filosofia di impiego è fare terra bruciata, preventiva, per decine di chilometri di ampiezza intorno ai (nostri) capisaldi controllando dall’aria ogni obbiettivo sospetto a piedi o in auto, fuoristrada e camion su percorsi asfaltati o strade di montagna, sia in prossimità villaggi che di insediamenti agricoli o abitazioni isolate nelle vallate.
Il tutto a discrezione visiva (interpretativa) degli operatori alle consolle degli UAV Predator di Camp Arena.
Sentire in voce in un filmato un militare Usa che... segnala a un A10 in volo 2 sospetti (terroristi) in prossimità di un argine che hanno in mano qualcosa che somiglia ad un lanciarazzi (pale, picconi?) e autorizza il pilota di fare fuoco sui bersagli con i cannoni a tiro rapido da 30 mm fa semplicemente rabbrividire.
Il Portale dell’Aeronautica Militare non può dire in esplicito quello che la Russa nega in pubblico ma si lascia una via di uscita per non caricarsi di responsabilità nell’’ammazzare pathsum in quantità industriali per decisioni di esclusiva responsabilità del ministro della Difesa e del CSD.
La Russa, abbagliato da veline e gossip, che privatizza le FF.AA, che aliena per un tozzo di pane proprietà dello Stato, fari e isole comprese, per reperire fondi per la Roma di Alemanno e il sostegno armato al governo Karzai, capacissimo di licenziare, per sforamenti di bilancio, graduati e sottoufficiali, precari, ed ufficiali a ferma breve, in combutta con Brunetta e Tremonti non può continuare a rappresentare lo strumento militare del Paese.
Abituato a mentire spudoratamente può continuare meravigliosamente bene a fare il “politico” ma non certo il ministro della Difesa. Non ne ha le capacità intellettuali né comportamentali. E’ una vajassa e un debito elettorale per il Pdl. Anche se non ce ne può fregare di meno. Fatti loro.
Il generale Mini ha detto in esplicito quello che si pensa, unanimamente, tra gli organici di basso e medio livello delle forze armate e tra la gente perbene di Ignazio La Russa.
Più buia la notte più luminosi i fuochi.

lunedì 10 gennaio 2011

Parisi: i militari? Mai nascosto nulla

La brutta figura del ministro della difesa sull’Afghanistan, le critiche delle forze armate.

Dopo il ministro della giustizia nemico dei magistrati, è arrivato il ministro della difesa che attacca i militari. La sortita di Ignazio La Russa ha dell’incredibile e non manca chi, persino nell’entouragedel premier, attribuisce la scivolata e l’obbligata retromarcia del titolare della difesa ai suoi improvvisi e frequenti sbalzi di umore.
Così, di fronte alla morte di Matteo Miotto in Afghanistan, La Russa si è prodotto in una molteplice capriola: prima si è affrettato a dare una versione dell’accaduto ipersintetica e poco dettagliata; poi si è arrabbiato con i militari (quali? a che livello?) ritenendo che ci fosse stato del dolo nell’incompletezza e nel ritardo con cui gli era stata fornita la verità; infine, ha convocato la stampa per smentire se stesso e le accuse che aveva lanciato due giorni prima: «Non ho mai pronunciato il termine “rabbia” – ha detto ieri – semmai ero arrabbiato, dispiaciuto con me stesso per non essere riuscito a fornire, prima di tutto alla famiglia Miotto, tutte le informazioni relative all’uccisione di Matteo.
Nessuno ha mentito al ministro». Alle forze armate, sentimenti di «fiducia, stima, gratitudine».All’s well that ends well. E speriamo che i militari non se la prendano troppo. Perché il La Russa fuori controllo dell’Epifania non ci era andato leggero con i giudizi, aveva parlato di «vecchio metodo» in uso nei passati esecutivi, «forse perfino nel governo Berlusconi, sicuramente nel governo Prodi», quello di «indorare la pillola».
«La mia esperienza alla Difesa è stata quella di un rapporto assolutamente leale; devo ritenere che non mi sia stato nascosto nulla. E sempre tutto ho puntualmente trasmesso al parlamento » dice a Europa l’ex ministro Arturo Parisi, amatissimo predecessore di La Russa, pur non essendosi mai presentato nei teatri di missione travestito da soldato in armi, a conferma dell’arcinoto proverbio che vuole che non sia l’abito a fare il monaco.
La sua sintonia con il mondo militare è stata profonda, pari soltanto a quella di Nino Andreatta, alla Difesa nel Prodi 1. «I due migliori ministri, perché avevano visione» osserva oggi un alto ufficiale dell’esercito. «In 23 anni di attività come addetto stampa non ho mai “indorato” alcuna pillola» afferma il colonnello Gianfranco Scalas, veterano di missioni compiute con governi di ogni colore («un vero soldato» disse di lui Andreatta).
Era a Nassiriya la mattina del 12 novembre 2003, quando un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti alla base Msu (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri: morirono 19 italiani e 9 iracheni e molti furono i feriti. Toccò a Scalas gestire la comunicazione di quella tragedia, anche nelle radio e nelle televisioni. Alle spalle aveva l’esperienza di Somalia, Bosnia, Albania, Kosovo. La sua impressione su quanto accaduto oggi è netta: «I militari hanno imparato da tempo che non serve a nulla nascondere. Figuriamoci, poi, nell’era di internet.
Noi eravamo addestrati a dare le notizie dal “teatro” di missione, quando in Kosovo avvenne un suicidio lo dissi subito. In Somalia, durante l’assalto all’ambasciata, Carmen Lasorella si trovava lì con noi e fece immediatamente la diretta. Oggi il sistema è irrigidito ed è normale che qualche problema possa crearsi, ma non perché i militari nascondono le notizie. Perché, ad esempio, nelle dirette dall’Afghanistan non si è mai visto l’addetto stampa di Herat?».
Insomma, bisogna dare a La Russa quel che è di La Russa. Compresa l’insoddisfazione profonda, anche se non manifesta data l’abitudine delle forze armate alla discrezione, per un ministro che nei primi mesi del suo mandato preferiva occuparsi del partito, che inventa costose e inutili operazioni di immagine come la mini-naja e non si cura del mancato rinnovo delle divise o degli oltre 10 mila precari Vfb (volontari in ferma breve) il cui futuro è ancora incerto.

mercoledì 1 dicembre 2010

Manifestazione a Roma dei militari: Questore sotto pressione da parte dei vertici dell'Arma?

Roma, 1 dic - Dai boatos che arrivano al nostro Portale sembra proprio che il Questore di Roma, abbia tutte le intenzioni di autorizzare la manifestazione del Partito Sicurezza e Difesa in programma per domani in tutti e tre i siti richiesti (Quirinale, Ministero della Difesa e Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri) ma sembra che stia ricevendo da un paio di giorni a questa parte enormi pressioni dai vertici dell'Arma che non vorrebbero la manifestazione sotto casa loro.

«Spero che le notizie che si rincorrono in queste ore siano prive di fondamento - dichiara Giuseppe Paradiso, leader del Partito Sicurezza e Difesa - perchè se fossero vere costituirebbero un fatto di gravità inaudita. Non credo che il Questore consideri più importante un palazzetto adibito ad uffici ai Parioli (Il Comando Generale dell'Arma) rispetto al ministero della Difesa e al Quirinale. Non vedo nessuna difficoltà quindi».

«Se non dovessimo ottenere l'autorizzazione prevista dalla legge ci troveremo costretti a far ricorso alla magistratura per i fatti penalmente rilevanti che emergerebbero. Ripeto - conclude Paradiso - se fossero vere le notizie che ci giungono, non credo che i vertici della questura, sempre corretti da quello che mi risulta, si vorranno assumere la responsabilità politica di un atto gravissimo contro i fondamenti costituzionali, e mi auguro che il Questore agisca, come sempre ha fatto, nell'interesse primario delle libertà civili».

Roma, il 2 dicembre i militari in piazza. Non accadeva dagli anni '70


Roma, 29 nov - Non accadeva dagli anni '70, quando i militari scesero nelle piazze italiane per protestare contro le loro condizioni di vita e di lavoro. Ora accade di nuovo. Il PSD, il Partito Sicurezza e Difesa, ha organizzato per il 2 dicembre alle 11:30 una manifestazione di piazza che si svolgerà davanti il ministero della Difesa e davanti il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri. Il titolo della manifestazione è "Difendiamo la Costituzione".

"Difendiamo la Costituzione italiana, difendiamo il diritto di essere cittadini liberi, con uguali diritti e uguali possibilità, il diritto di essere rappresentati, di essere informati, di potersi esprimere, di poter scegliere" si legge nel volantino della manifestazione, che ricorda inoltre alcuni principi sanciti dalla nostra carta fondamentale: Art. 17: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi...”, Art. 18: “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente...”, Art. 52: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro nè l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.

"L’obbedienza ci deve essere - ricorda il PSD, ma il militare non può rinunciare alla propria dignità e non può rinunciare a quei diritti riconosciuti nei primi articoli della Costituzione Italiana: DIGNITÁ, UGUAGLIANZA E LIBERTÁ"

"Non soldi, ma diritti; non servi, ma servitori dello Stato"

«Troviamo oltremodo vergognoso - afferma Giuseppe Paradiso, Segretario politico del PSD - che i nostri migliori giovani vadano a morire all'estero per ripristinare pace e democrazia ma in Patria, quegli stessi diritti per i quali gli si chiede anche di sacrificare la vita in terre lontane, gli vengano negati».

«Mentre in quasi tutta Europa (anche dell'est) i militari godono già da moltissimi anni (in alcuni casi da secoli) del diritto alla libera associazione senza preventivo assenso ministeriale, del diritto a manifestare pubblicamente le proprie idee e le proprie aspirazioni, del diritto a costituire liberi sindacati, in un grande Paese come il nostro esistono ancora gravi ed anacronistiche limitazioni (che con la recente promulgazione del Codice dell'Ordinamento militare sono stati addirittura inaspriti) che vietano o pongono pesantissime restrizioni relativamente ai fondamentali diritti civili ed umani».

Alla manifestastione parteciperanno gli iscritti del PSD provenienti da tutta Italia che lanciano un appello a quanti, sia che indossino una divisa oppure no, credono nei valori di giustizia e democrazia per tutti i cittadini italiani, militari inclusi.

Alla manifestazione romana, unica nel suo genere, darà il suo appoggio anche il sindacato di polizia COISP "Coordinamento per l’Indipendenza Sindacale delle Forze di Polizia" che si batte da sempre per la tutela dei poliziotti e della sicurezza pubblica portando in giro per l'Italia le sagome con il poliziotto pugnalato.

Il Partito Sicurezza e Difesa quindi si propone, e a giudicare dalla sua rapida diffusione su tutto il territorio nazionale ci sta riuscendo benissimo, di unire tutti i cittadini, in divisa e non, ad abbandonare il senso di sfiducia e di scoramento provocato dalla politica nostrana, per dare nuovo slancio e vigore alle istanze di chi non viene mai ascoltato e tutelato.

«Tuteleremo anche gli interessi degli appartenenti dell’Arma dei Carabinieri» fa sapere Vincenzo Bonaccorso, Capo Dipartimento Nazionale del PSD per l'Arma dei Carabinieri. «La nostra protesta - continua Bonaccorso - riguarderà in particolare l’iniqua ed inaccettabile sottrazione della somma di € 770 milioni di euro (accantonata per ben 3 legislature) necessarie al riordino delle carriere del personale non direttivo; il mancato avviamento della previdenza complementare (indispensabile per i neo assunti ed i giovani carabinieri); il blocco degli stipendi per 3 anni (2011, 2012 e 2013). Un provvedimento che costerà dai 7 mila ai 10 mila euro ad ogni Carabiniere (nei tre anni) di ogni ordine e grado; i tagli lineari del 10% alle dotazioni finanziarie del Ministero, che si aggiungono a quello del 20% operato nel 2008, i cui effetti negativi sono ancora in atto; l’assenza di una seria lotta agli sprechi (come per esempio la soppressione di comandi inutili come i Comandi Interregionali che sottraggono uomini al territorio, determinando una minore capacità operativa dell’Arma nella lotta contro la criminalità); la mancata riforma della Rappresentanza Militare (che era comunque una riforma a costo zero, ma che avrebbe soddisfatto le leggitime aspettative dei Carabinieri)». «Parecchia "carne al fuoco" ma che vogliamo portare all'attenzione di tutti i cittadini - conclude Bonaccorso».

Nato da appena un anno, il PSD è già riuscito a portare a casa alcuni importanti risultati concreti riuscendo a coinvolgere anche la politica "di palazzo": è riuscito a far assegnare ad un carabiniere minacciato dalla mafia una scorta che invece gli veniva negata; è riuscito ad ottenere il pagamento dei "compensi forfettari di impiego" a favore del personale della Marina ai quali invece "ordini superiori" avevano già deciso di negare; è riuscito a far valere i diritti di due militari dell'Esercito che si rifiutavano di sottoporsi a delle vaccinazioni ottenendo il risultato di far abrogare l'obbligo per tutti gli appartenenti a quell'arma; ha portato in risalto anche presso la grande stampa e le aule parlamentari l'imbarazzante
corcostanza degli ingenti stanziamenti per la costruzione di nuove carceri quando invece ne esisto almeno 40 già pronte ma abbandonate al degrado. L'elenco delle cose "fatte" è lungo e, promettono dal PSD - questo è solo l'inizio.

«Pian piano, - dichiara Paradiso - i cittadini stanno guardando a noi come una nuova chance di cambiamento, e lo stanno facendo anche gli operatori del comparto, prostrati da sempre da un complesso di disinformazione che li relegava al rango di minus habens, senza diritti ma solo pesantissimi doveri. In pochi, quando abbiamo cominciato - continua Paradiso -, sapevano che un appartenente alle Forze armate o alle Forze di polizia potesse iscriversi ad un partito o fare attività politica. Trent'anni di pressante disinformazione hanno privato gli operatori del comparto dei loro più elementari diritti. Ora non è più così, adesso sanno e, attraverso noi, possono finalmente dar voce ai loro innumerevoli disagi rimasti finora inascoltati».

Sul fronte dei diritti politici il PSD sta sostenendo, anche attraverso numerose interrogazioni parlamentari, una battaglia che in questi mesi sta passando anche attraverso le aule giudiziarie con l'unico scopo di dare a tutti i cittadini italiani, militari e forze dell'ordine compresi, quella dignità e quella fierezza di sentirsi italiani.

Il PSD infine ricorda, attraverso il suo comunicato, che “la manifestazione è organizzata da un partito politico quindi possono parteciparvi i soli militari che siano liberi dal servizio, non indossino l’uniforme, che non si qualifichino come militari o si rivolgano ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali (articoli 1350 e 1483 del Codice dell’ordinamento militare)”.

lunedì 29 novembre 2010

Difesa: gen. Tricarico, no a militari-spazzini e mini naja

Precariato militare inaccettabile e tagli debilitanti. Roma, 28 nov - Il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, dice "no" ai soldati-spazzini, alla mini naja e a tutti quegli ''impieghi impropri'' dei militari che «in un contesto di rigida austerità andrebbero limitati», così come - aggiunge - «le iniziative estemporanee che disperdono risorse e interferiscono con la programmazione delle attività addestrative e operative, talvolta fino al punto di snaturare il ruolo delle Forze armate o di avallare l'idea che esse possano sistematicamente supplire a ogni carenza di qualsiasi altra amministrazione dello Stato».

Secondo Tricarico, socio fondatore della fondazione Icsa, «la sorveglianza delle discariche campane, lo spalamento della neve nel nord Italia e l'impiego in attività di ordine pubblico e sicurezza ne sono alcuni esempi». «Poi - aggiunge - è discutibile l'utilità delle tre settimane di "mini naja", tanto più che non vi sono mai stati problemi di insufficienti arruolamenti. Quelle risorse sarebbero meglio impiegate per ampliare il contingente da arruolare o per trattenere il personale in ferma prefissata già addestrato a caro prezzo. Forse non tutti sanno - spiega infatti il generale - che il fenomeno del "precariato" militare ha assunto proporzioni inaccettabili soprattutto con riferimento ad altri comparti pubblici: un solo militare su quattro oggi viene arruolato dopo aver servito senza demeritare per uno o due anni nelle forze armate, gli altri tre vengono semplicemente congedati senza appello».

I Tagli subiti

«Il bilancio Difesa 2011, fissato in 14.327,6 milioni mostra un trend nominale positivo rispetto ai 14.295,0 milioni del 2010. Bisogna però ricordare che appena nel 2003 il bilancio Difesa era di oltre 23 miliardi. Nessun altro grande dicastero ha subito una riduzione analoga».

«La vera portata del sacrificio chiesto alle Forze armate - afferma Tricarico all'ANSA - è però ancora maggiore perchè gli stanziamenti per l'Esercizio (cioè la parte operativa, tutto ciò che riguarda addestramento, manutenzioni, infrastrutture, ecc.) sono ridotti di 320 milioni (pari al 18,2%)». Secondo il generale «questo significa che i tagli si ripercuotono solo sull'attività "quotidiana''». Citando il caso della Forza armata che conosce meglio, l'ex capo di Stato maggiore sottolinea che «per l'Aeronautica militare l'Esercizio è passato dai 948 milioni del 2003 ai 214 del 2011. Se si pensa che nel 2010 per il solo carburante l'Aeronautica ha speso 117 milioni si può capire la profondità del taglio inferto».
E ancora: «gli impegni previsti per legge richiederebbero all'Aeronautica un'attività annuale di 130 mila ore, ma gli stanziamenti attuali non consentono di effettuare più di 90.000 ore di volo, con la prospettiva di scendere già nel 2013 a 70.000 ore, pari di fatto alla metà di quanto richiesto per i compiti di legge». Ad aggravare il problema, secondo Tricarico, «vi è la tendenza, in atto da anni, al mancato rimborso dei costi anticipati per conto di altre amministrazioni. Tipico il Trasporto di Stato: negli ultimi dieci anni i costi non reintegrati ammontano a oltre 250 milioni. Nelle attuali condizioni di bilancio, questo significa che ogni volo per presenziare a un Gran Premio è un'ora operativa sottratta alla difesa dello spazio aereo nazionale o alla protezione dei soldati in Afghanistan». E proprio a proposito di Afghanistan, «l'impegno maggiore e più rischioso, nel bilancio 2011 - afferma Tricarico - non sembrano esservi quelle misure atte a potenziare le capacità operative e di sicurezza per i nostri contingenti impegnati sul campo. La riduzione delle spese di Esercizio incide direttamente e trasversalmente sulla capacità operativa a causa di un addestramento sempre meno adeguato e della ridotta disponibilità di mezzi e ore di volo. Di fatto si chiedono prestazioni di punta a un organismo sempre più debilitato, esponendo il personale a rischi sempre maggiori anzichè irrobustirne le difese».

In tempi di vacche magre scandaloso spendere per lo sport

In un tempo di vacche magre per la Difesa come l'attuale, in cui scarseggia il carburante per gli aerei e le risorse per l'Esercizio dello strumento militare hanno subito un taglio di 320 milioni, «è scandaloso che per un dubbio e fatuo ritorno d'immagine si continuino ad arruolare atleti e sostenerne le forti spese collegate».

«Tra le voci facilmente epurabili senza impatto sull'efficienza operativa - dichiara Tricarico - vi è lo sport». «Ma quanti davvero sanno - osserva Tricarico - che Andrew Howe è un militare dell'Aeronautica, soprattutto quando lui si guarda bene dall'evidenziare la propria appartenenza e la madre-allenatrice indossa durante le gare il berretto della Polizia? A che serve sostenere sport quali la ginnastica ritmica o altre discipline per nulla riconducibili all'attività militare operativa?». Secondo Tricarico, «analogo discorso vale a maggior ragione per la Commissione Internazionale di Sport Militare (Cism), un'organizzazione nata durante la Guerra fredda per favorire il dialogo anche tra avversari ma oggi superata dalla storia. Gli stessi atleti vedono malvolentieri la partecipazione a campionati militari, di basso valore sportivo e forte intralcio al vero calendario agonistico, quello delle Olimpiadi o dei mondiali». (ANSA)

giovedì 25 novembre 2010

Difesa: Di Stanislao (IDV), su tagli al comparto e su aereo F35 il governo non dà risposte

"Tagli riversati solo sul personale". L'Aquila, 24 nov - A conclusione del Question time in Commissione Difesa della Camera, Augusto Di Stanislao, capogruppo IdV, si è detto «'assolutamente insoddisfatto della risposta del Governo»', in riferimento alla sua interrogazione «sugli ingenti tagli al comparto, contrapposti agli sproporzionati costi messi in campo per l'acquisto di armi e macchine, compresi i "famosi" F35»'.

Nel quesito, Di Stanislao chiedeva: «in relazione ai tagli che ogni Ministero deve adottare, quali siano le reali intenzioni del Ministero della Difesa, spiegando con quali criteri opera affinchè non siano ancora una volta le armi e le macchine a prevalere sugli interessi e bisogni del personale militare tutto». «Il quadro è molto chiaro - ha commentato il parlamentare IdV, motivando la sua insoddisfazione - La crisi che imperversa in tutta l'Europa ha portato i vari Governi a tagliare le spese militari, tranne che in Italia. Anzi, i tagli che ogni Ministero deve apportare, il ministro La Russa li ha riversati completamente sul personale militare e sull'organizzazione». «Non solo non ha intenzione di tagliare il numero degli F-35 - ha osservato - ma manterrà anche la versione B che gli inglesi, ad esempio, hanno abbandonato per l'elevato costo, o il Canada e la Danimarca che hanno rinviato la decisione o l'Olanda che vi ha rinunciato». «La risposta è stata in realtà una "non risposta" - ha concluso Di Stanislao - Un resoconto sterile dei fatti». Per questo ha preannunciato che presenterà, a breve, un'ulteriore interrogazione «su quanto detto recentemente da Crosetto e continuerò con tutti i mezzi a mia disposizione perchè finalmente siano le persone a prevalere sulle macchine».

mercoledì 24 novembre 2010

Difesa, Sbilanciamoci: analisi particolareggiata sulle troppe spese per i sistemi d'arma e poche per il personale

Roma, 23 nv - Nel nostro Paese i tagli alla Difesa sono stati pochi e sbagliati, come vedremo poi nel dettaglio abbattendo la scure sulla formazione del personale e la manutenzione dei mezzi, senza intaccare minimamente inutili sistemi d’arma o rivedendo il numero dei militari da impiegare.
Questi piccoli tagli allarmano comunque la lobby dell’industria bellica, che fa affidamento per i suoi affari sulla certezza dei finanziamenti governativi al sistema difesa. Non è un caso che il Sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto, proprio a margine dell’apertura di “Euronaval” 2010, la più grande fiera navale della difesa del mondo che si svolge a Parigi, abbia assicurato l’assenza di tagli nel nostro settore militare, prospettando solo razionalizzazioni ed eventualmente uno slittamento dei tempi per la realizzazione di nuovi mezzi, in particolare quelli navali. Il riferimento è alle dichiarazioni fatte dal Ministro della Difesa Ignazio La Russa che prima dell’estate aveva annunciato il taglio di 25 caccia Eurofighter della tranche 3b ed il rinvio dell’acquisto delle 4 Fregate FREMM mancanti per completare le 10 chieste dalla Marina, e che il Ministro ha ipotizzato di poter rivendere al Brasile.

Bilancio della Difesa per l’anno 2011


Per capire bene gli stanziamenti in bilancio nel 2011 occorre fare un piccolo passo indietro, in particolare esaminando agli effetti delle misure di contenimento della spesa pubblica contenute nelle D.L. n. 112/2008 (convertito con Legge 6 agosto 2008 n. 133) e nel D.L. n. 78/2010 (convertito con la Legge 30 luglio 2010 n. 122). Nel D.L. n. 112 del 25.6.2008, che abbiamo visto in maniera approfondita nel rapporto di due anni fa, sono stati apportati tagli al bilancio del Ministero della Difesa per 503,7 milioni di euro per l’anno 2009, 478,1 milioni di euro per il 2010 e 834,5 milioni di euro per il 2011. Nel D.L. n. 78 del 2010 dispone una riduzione lineare del 10% sulla dotazione delle spese rimodulabili che per il Ministero della Difesa prevedono una riduzione di 255.854.000 euro per l’anno 2011, 304.778.000 per l’anno 2012 e 104.786.000 a decorrere dall’anno 2013. Il risultato finale prevede uno stanziamento complessivo per il 2011 alla Difesa di 20.494,6 milioni di euro con un incremento rispetto al bilancio previsionale approvato dal Parlamento per il 2010 di 130,2 milioni di euro pari allo 0,6% ed un rapporto rispetto al P.I.L. dell’1,279%.

Dal 2008 il bilancio dello Stato è predisposto ed articolato per Missioni e Programmi ma noi lo analizzeremo con il sistema tradizionalmente usato internamente dalla Difesa, per Funzioni, così da garantire continuità con i precedenti rapporti. Il Bilancio della Difesa è suddiviso in Funzione Difesa che per il 2011 è cresciuta di 32,6 milioni di euro (+0,2%) per un totale di 14.327,6 milioni di euro; Funzione Sicurezza del territorio, che riguarda le spese per i carabinieri, quarta Forza Armata ma che in parte, per la sicurezza del territorio, dipendono dal Ministero dell’Interno, che ha avuto un incremento di 145,2 milioni di euro (+2,6%) per complessivi 5.740,3 milioni di euro; le Funzioni Esterne che riguardano compiti affidati alla difesa ma non rientrano nei compiti strettamente istituzionali, voce diminuita di 49,8 milioni di euro (-33,1%) per complessivi 100,7 milioni di euro; il Trattamento di Ausiliaria, cresciuto di 2,3 milioni di euro (+0,7%) per una spesa complessiva di 326,1 milioni di euro, che corrisponde alla corresponsione del trattamento di quiescenza al personale nella posizione di ausiliaria.

tab9tnb


La Funzione Difesa contempla le spese per il Personale, per l’Esercizio, dove troviamo le spese per la formazione del personale e la manutenzione di mezzi e strutture e l’Investimento riguardante l’acquisizione di nuovi sistemi d’arma. In merito alla ripartizione percentuale delle spese per la Funzione Difesa sarebbe ottimale un rapporto tra 50% destinato al Personale e l’altro 50% ripartito tra Esercizio ed Investimento; sono molti anni tuttavia che le cifre del bilancio non rientrano in questi parametri ed in particolare per il 2011 le spese per il Personale ammonteranno al 65,8% mentre la somma dell’Esercizio e dell’Investimento giungerà appena al 34,2%, 10,1% della quale destinata all’Esercizio e 24,1% all’investimento. Le previsioni di spesa per il Personale per l’anno 2011 ammontano a 9.433,9 milioni di euro con una crescita rispetto all’anno precedente di 86,8 milioni di euro (+0,9%); tale cifra permette di avere una consistenza di personale militare pari a 178.571 unità e civile pari a 31.459. La situazione del personale presenta molteplici criticità: innanzitutto dopo aver fallito l’allineamento numerico dei vari gradi previsto nel modello a 190.000 unità deciso con il congelamento della leva obbligatoria ed il passaggio a Forze Armate totalmente professionali, si sta andando verso una forzata riduzione del personale. Questa riduzione però anziché intaccare le fasce in soprannumero, come quella dei marescialli, riduce principalmente quella dei militari di truppa, in particolare quelli a ferma prefissata. Si sta andando così verso un rischio potenziale di blocco generalizzato dei reclutamenti, creando di fatto uno strumento sempre più anziano e meno disponibile all’operatività; infatti una forte anomalia del modello esistente è quella di avere un numero di graduati superiore ai militari di truppa, con la conseguenza di avere più comandanti che comandati!

Considerando infine che l’attività principale delle nostre Forze Armate è costituita dalle missioni all’estero, che impegnano circa 8.300 militari, (pari a circa 25.000 uomini e donne con le rotazioni), un apparato di 180.000 unità sembra ancora più spropositato. Per l’Esercizio durante il 2011 sono stati stanziati 1.440,0 milioni di euro, con un decremento rispetto all’anno precedente di 320,4 milioni di euro (-18,2%); questi tagli non fanno altro che rendere più difficile rispondere agli standard internazionali di formazione del personale e di sicurezza dei mezzi, lasciando lo strumento militare al livello minimo necessario per far fronte agli impegni internazionali. Gli stanziamenti previsionali per il 2011 per l’Investimento, ammontano invece a 3.453,7 milioni di euro con una crescita di 266,3 milioni di euro (+8,4%).

Nella tabella 10 abbiamo sintetizzato i principali programmi di ammodernamento, anche con la spesa prevista per il 2011.

tab10tnb

Il Joint Strike Fighter del quale abbiamo parlato in maniera approfondita nel rapporto dello scorso anno, è un caccia multiruolo di quinta generazione realizzato in cooperazione da Stati Uniti (primo livello), Regno Unito ed Italia (secondo livelli) e Paesi Bassi, Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca (terzo livello). Si prevede la costruzione di 3.173 aerei, dei quali 2.433 sono per gli USA, l’Italia ha deciso di acquistarne 131, anche se ancora ad oggi non è stato firmato il contratto.
Questo progetto presenta molteplici problemi, oltretutto prevedibili per imprese così faraoniche e velleitarie. Infatti sulla carta il JSF vuole essere un caccia di penetrazione con caratteristiche stelth, cioè bassa visibilità. Aumento dei costi, ritardi nella produzione, scarso numero di collaudi e veri e propri flop di pezzi collaudati sono costantemente e puntualmente denunciati dal GAO, Government Accountability Office, il Corrispettivo USA della nostra Corte dei Conti. Per capire meglio citiamo un solo dato un singolo aereo, partito da un costo iniziale di 81 milioni di dollari, è arrivato oggi a 131 milioni di dollari. A questo dobbiamo aggiungere che le ricadute industriali saranno minime, vista la scarsa
disponibilità di Washington a cedere il know-how del velivolo e così i ritorni occupazionali, visto che ci saranno da collocare tutti quelli che perderanno il posto per i tagli alla tranche 3B dell’Eurofighter. Malgrado tutto questo, con una velocità inusuale e sconvolgente il Senato prima e la Camera dei Deputati poi, hanno dato l’8 aprile 2009 il via libera al Governo per l’acquisto di 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter al costo di 12,9 miliardi di euro, spalmati fino al 2026 e la realizzazione a Cameri (Novara) di un centro europeo di manutenzione al costo di 605,5 milioni di euro, da consegnare entro il 2012.

Le fregate FREMM Il programma per la costruzione delle fregate FREMM è stato firmato da Italia e Francia nel 2004; tale progetto prevede la costruzione di 17 unità per la marina francese e di 10 per quella italiana. Il costo complessivo delle nostre Fregate è di 5.680 milioni di euro e la fine del progetto è prevista per il 2017, anche se tale data è stata fatta slittare dal nostro Governo di due anni. Il costo unitario medio di una fregata francese, tasse escluse ed alle condizioni economiche del gennaio 2003 ammonta a 280 milioni di euro, mentre per l’Italia è di 350 milioni di euro. Una domanda sorge spontanea, perché le fregate italiane costano di più? Abbiamo armamenti più sofisticati? Se si perché? Abbiamo esigenze strategiche diverse? Altra domanda da porsi è se avevamo veramente bisogno di dieci fregate, considerando che adesso siamo disposti a rivenderne quattro? Alcuni programmi però sono finanziati o cofinanziati con fondi del Ministero dello Sviluppo Economico ed in questa maniera non compaiono tra le spese della Difesa: si tratta tra gli altri del caccia Eurofighter, delle Unità navali della classe FREMM e dei veicoli blindati VBM 8x8 Freccia.

In particolare lo stato di previsione del Ministero dello Sviluppo Economico prevede uno stanziamento di 255 milioni per il Fondo per gli interventi agevolati alle imprese, che negli ultimi anni è stato destinato totalmente ad interventi per l’aereonautica e l’industria aerospaziale e duale, uno stanziamento di 1.483 milioni di euro destinato ad interventi agevolati per il settore aeronautico, uno stanziamento di 510 milioni di euro destinato ad interventi per lo sviluppo e l’acquisizione delle unità navali della classe FREMM. Alla fine nel 2011 si prevedono spese per nuovi sistemi d’arma, tra i fondi della Difesa e quelli del Ministero dello Sviluppo Economico per complessivi 5,7 miliardi di euro, una cifra non proprio trascurabile in un periodo di crisi economica e di tagli alla spesa pubblica in settori cruciali come la sanità, la ricerca, l’istruzione,la giustizia ed i trasporti.

Nello Stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze è presente poi uno stanziamento di 4,3 milioni di euro destinato al Fondo di riserva per le spese derivanti dalla proroga delle missioni internazionali di pace; in questa maniera, considerando che nel 2010 si è speso 1,5 miliardi di euro per le Missioni, mancano di fatto i finanziamenti. intanto durante la discussione in Commissione Bilancio alla Camera il Governo, in un suo maxi-emendamento, ha stanziato per il fondo per le Missioni internazionali 750 milioni di euro per la proroga della partecipazione italiana fino al 30 giugno 2011, confermando che, anche nel 2011, si dovrebbero spendere 1,5 miliardi di euro. Uno stanziamento di 645,8 milioni di euro è destinato alle spese per il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica; una parte di esso è destinato al Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (AISI ex SISMI), nell’ultima ripartizione approvata (2008) al Ministero della Difesa vi erano destinati 143,1 Milioni di euro.

tab11tnb


L’Italia alla fine per la “Difesa” spende quasi 24,4 miliardi di euro e non è poco; se anche se sottraessimo i fondi destinati all’Arma dei carabinieri saremmo sempre intorno ai 20 miliardi, circa 6 miliardi in più di quelli destinati alla funzione difesa, che viene presa come parametro per le spese militari da politici e militari nostrani, ma non all’estero, dove la Nato, il Sipri ed altri organismi soprannazionali includono tutte le spese destinate ai militari. Allo stato attuale l’Italia è impegnata in oltre 30 missioni internazionali dislocate in 20 paesi, che vedono coinvolti oltre 8.000 militari. Le missioni di maggior impegno sono quella in Afghanistan, dove sono impegnati circa 4.000 militari, in Libano dove sono presenti circa 1.700 soldati e i Balcani dove sono impegnati circa 1.600 militari. I fondi destinati alle missioni sono per oltre il 90% destinati alle spese delle Forze Armate; quel poco che resta è destinato alla cooperazione ed agli aiuti umanitari. Sulle missioni, ormai si porta avanti un rituale scontato: il Governo vara il Decreto Legge semestrale per il loro rifinziamento ed il Parlamento lo ratifica con voto solitamente bipartisan In nessuno di questi luoghi, avviene un dibattito per capire se gli obiettivi dati alle missioni siano stati raggiunti o meno ed in che tempi, con il rischio di mantenerle a vita. L’Afghanistan è l’esempio più lampante. Un conflitto iniziato il 7 ottobre 2001 con un costo economico (353 miliardi di dollari solo gli USA) ed umano spropositato, circa 50.000 vittime, delle quali 14.000 civili e 2.000 soldati Nato che, malgrado la continua crescita di presenza di militari e mezzi, si trova nel classico pantano. I talebani hanno ripreso ormai il controllo di buona parte del Paese, infiltrandosi anche nella capitale Kabul, la produzione di oppio procede imperterrita, il 70, 80% degli aiuti internazionali non è mai arrivato alla popolazione afgana, tanto che dal 2002 sono aumentate mortalità infantile, ignoranza e povertà.

L’Italia alla fine di quest’anno avrà sul campo 4.000 uomini, mezzi sempre più pesanti (cacciabombardieri AMX, elicotteri Mangusta, carro armato Dardo, blindati Freccia, ) e soprattutto avrà speso 750 milioni di euro, contro i 540 milioni di euro spesi nel 2009, portando la cifra globale a quasi 3 miliardi di euro. Visto che anche la presenza militare non garantisce l’arrivo degli aiuti alla popolazione, si potrebbe ritirare tranquillamente il contingente militare e destinare il costo del suo mantenimento direttamente per gli aiuti umanitari.

Politica di difesa e sicurezza nazionale del Governo

Come abbiamo visto le principali nazioni europee stanno attuando tagli ai loro bilanci e rivedendo il modello di Difesa, principalmente riducendo il numero dei militari e rivedendo le scelte sui sistemi d’arma. L’Italia, invece, taglia poco e male e soprattutto non avvia un dibattito serio sul Modello di Difesa cui dotarsi. Da un lato si portano avanti iniziative di facciata di dubbia utilità come la mini-naja e militari in città, dall’altra non si trovano i fondi per la formazione, la sicurezza del personale ed il mantenimento di mezzi e strutture. Da un lato aumentano le spese del personale verso i vertici e ed i sistemi d’arma e dall’altra si taglia sull’arruolamento delle truppa.

Con un blitz il Governo ha fatto approvare nella legge n.122/2010 ( Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria), provvedimento passato a colpi di fiducia, l’istituzione dell’iniziativa“Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane”. Tale iniziativa avrà un costo di 6.599.720 euro per l’anno 2010, 5.846.720 per il 2011 e 7.500.000 per il 2012. Si tratta di corsi di formazione a carattere teorico-pratico della durata di tre settimane, destinati a giovani tra i 18 ed i 30 anni che assumono lo stato di militari. Questo progetto, fortemente voluto dal Ministro della Difesa Ignazio La Russa, si pone l’obiettivo di avvicinare sempre più il mondo giovanile alle Forze Armate, per favorire una maggiore condivisione dei valori che da esse promanano ed una più approfondita conoscenza delle loro attività a beneficio della collettività nazionale e della stabilità internazionale.
Considerando tuttavia che non esistono problemi di arruolamento ed anzi il problema è casomai dare stabilità ai giovani che si sono arruolati con la ferma breve, l’iniziativa si connota come puramente di facciata e di propaganda.

E’ stata poi prorogata fino al 31 dicembre 2010 l’operazione “città sicure” con l’impiego di 4.250 militari per garantire la sicurezza nelle città; i militari sono equiparati agli agenti di Pubblica Sicurezza e possono arrestare, perquisire e sequestrare materiale. Percepiscono un’indennità pari a 26 euro al giorno per chi opera fuori dalla propria città e 13 euro per chi opera in sede. Dei 4250 militari, 1.095 sono impiegati per la vigilanza dei centri di identificazione degli immigrati, 1.467 per le pattuglie cittadine e 1.688 per la vigilanza dei siti sensibili come ambasciate, luoghi di culto, ecc.. I soldi spesi per tale operazione, circa 62 milioni di euro l’anno, se fossero investiti per pagare gli straordinari alle forze di polizia, ovvero di chi è preposto professionalmente a tale mansione, permetterebbero di raggiungere sicuramente risultati migliori. Per approvare la “Difesa servizi spa” il Governo ha fatto un vero e proprio blitz, giacchè dopo un anno di discussione in Parlamento del suo disegno di legge ha presentato in seconda lettura alla Camera un emendamento alla Finanziaria 2010 che poi è passata a colpi di fiducia.

All’articolo 2 della Legge Finanziaria 2010 sono stati inseriti i commi che vanno dal 27 al 36 riguardanti l’istituzione della “Difesa Servizi Spa” e la tutela di distintivi e marchi delle Forze Armate. Il comma 27 delega il Governo ad emanare un decreto per costituire la società per azioni denominata “Difesa Servizi Spa” per la quale si prevede che: “Ai fini dello svolgimento dell’attività negoziale diretta all’acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni strettamente correlate allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Amministrazione della difesa e non direttamente correlate all’attività operativa delle Forze Armate, compresa l’Arma dei carabinieri….. è costituita la società per azioni ‘Difesa Servizi Spa’”. Il capitale sociale di partenza della società è stabilito in 1 milione di euro e le azioni della società sono interamente sottoscritte dal Ministero della Difesa, che esercita i diritti dell’azionista. Al Ministro della Difesa spetta anche la nomina del Consiglio di amministrazione della Società. Nei commi restanti si esplicitano i contenuti del decreto attuativo che dovrebbe essere varato entro 45 giorni, cioè lo statuto e la nomina dei componenti del Consiglio di amministrazione. Ad oggi non se ne hanno notizie.

Questa scarsa trasparenza e volontà di confronto legittimano dubbi e perplessità sulla reale portata del provvedimento. La mancanza di una dettagliata definizione completa dei compiti lascia spazio ad ipotesi che delineano un quadro molto inquietante. In primo luogo è vero che, escludendo dalle competenze della Spa le attività negoziali “direttamente correlate all’operatività delle Forze Armate”, dovrebbero essere preclusi gli armamenti; il mercato delle armi è però talmente vasto e spesso non automaticamente ascrivibile alla definizione di arma, basti pensare ad un camion ad un radar; c’è poi un indotto di pezzi di ricambio che non ha sicuramente un fatturato irrilevante, ma soprattutto essendo tutto collegato al settore bellico, non può assolutamente essere escluso dal controllo pubblico.

Nulla è stato detto sulla sorte del personale civile della Difesa nel caso in cui dovesse spostarsi alla Difesa Spa con un contratto privatistico. C’è il rischio che aumentino le esternalizzazioni dei servizi e che si vada sempre più verso appalti senza bando. Si potrebbe arrivare all’uso dei contractors, cioè compagnie private per la sicurezza. Pesa infine la gestione del patrimonio immobiliare, circa 4 miliardi di euro che stanno risvegliando appetiti speculativi. Cosa impedirà di trasformare una caserma in un centro commerciale o un faro in un albergo? Esattamente come sta succedendo a Roma, che nella scorsa finanziaria ha ricevuto immobili militari per un valore di 600 milioni di euro, al fine di ripianare il
debito. E’ chiaro che l’Amministrazione capitolina sta facendo di tutto per fare cassa con quegli immobili. Il problema di fondo è che il concetto privatistico poco si addice ad un settore delicato e strategico come quello della Difesa. Sono molti anni che la Difesa cerca di “fare cassa” con la vendita dei beni immobili non più utili alle nuove strategie, ma spesso senza risultati apprezzabili. L’ultimo tentativo è contenuto nella legge n. 133/2008 che permette al Ministero della Difesa in autonomia l’attività di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni immobili ad esso affidati. Si ipotizza una dismissione di circa 1.000 infrastrutture, di cui 200 caserme.

Considerando che il demanio militare è di proprietà statale, tale possibilità costituirebbe un privilegio per la Difesa. Molte infrastrutture oltretutto hanno una valenza storica ed ambientale che andrebbe tutelata diversamente e molti immobili dopo diversi anni di aggravio per le comunità dove sono dislocati, dovrebbero essere restituiti gratuitamente come “risarcimento” tramite gli enti territoriali locali. La crisi economica ha portato il Consiglio Superiore di Difesa, presieduto dal Capo dello Stato, a decidere di raccordare gli impegni dei nostri militari con le risorse economiche disponibili. Per questo, nella seduta del 29 gennaio 2009, su proposta del Ministro della Difesa Ignazio La Russa, è stata istituita la “Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale”. Tale Commissione si è riunita per la prima volta il primo aprile 2009, impegnandosi a presentare i risultati del proprio lavoro entro il successivo 31 luglio. Ad oggi nessuno è riuscito a leggere il rapporto di tale Commissione.
Mentre procede con molte difficoltà un’ipotesi di riforma delle Forze Armate, come al solito le modifiche avvengono nei fatti. I vertici militari, preso atto dell’impossibilità di aumentare le spese militari a loro piacimento, lavorano per orientare lo strumento militare al suo interno. Come abbiamo visto salgono le spese per l’investimento, per acquistare sistemi di dubbia utilità come il nuovo cacciabombardiere JSF; contestualmente si tagliano i fondi per il personale di truppa, senza intaccare i vertici. Andando proprio nella strada opposta rispetto alle priorità dichiarate, infatti se l’attività principale è il peacekeping, servono uomini preparati e non cacciabombardieri. Ma questo è un dibattito che questo Parlamento forse non sente il dovere di affrontare!

Eppure come è stato dimostrato da una recente ricerca dell’Università Bocconi commissionata da Science for Peace, se invece che sulle armi si investisse per esempio su sanità ed energie rinnovabili raddoppierebbero i posti di lavoro e aumenterebbe di una volta e mezza lo sviluppo economico in generale. Un motivo in più per razionalizzare lo strumento militare e liberare risorse per altri settori.

FONTE

giovedì 18 novembre 2010

Continua la corsa agli armamenti, approvato un piano pluriennale

Continua la corsa agli armamenti. “Sono rimasto sconcertato nell’apprendere che la IV Commissione permanente (Difesa) della Camera senza avere - pur avendoli richiesti – i necessari chiarimenti ha espresso parere favorevole ai programmi pluriennali per l’acquisto di mezzi e armamenti sui quali il Ministro della difesa ha chiesto il parere”, commenta Luca Marco Comellini, segretario del partito dei militari (Pdm).

Sulla questione il deputato radicale Maurizio Turco, cofondatore del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm), ha presentato un’ interrogazione (4-09396) al Ministro La Russa perché ritiene grave che il Governo non abbia messo a disposizione gli atti idonei a consentire ai deputati la piena cognizione del Ministero dei citati programmi pluriennali, a comprendere le ragioni poste a fondamento di ciascun atto e conoscere gli effettivi riparti annuali degli impegni di spesa.

A fronte delle numerose manifestazioni di protesta pervenute alla cronaca ed alle sedi parlamentari da parte dei rappresentanti del personale militare, in ordine agli indiscriminati tagli economici effettuati sul bilancio della difesa, con particolare riguardo alle spese per il personale e alla disastrosa politica economica in materia di sicurezza e difesa attuata dal Governo, il costo complessivo degli investimenti di 933,8 milioni di euro che il Ministero della difesa dovrà sostenere fino al 2018 “ ci sembra del tutto illogico e oltremodo contraddittorio con le rassicurazioni e gli impegni derivanti dall'accoglimento degli ordini del giorno presentati da esponenti della maggioranza di Governo all'indomani dell'approvazione della manovra finanziaria aggiuntiva di cui al decreto-legge 78 del 2010”, commenta ancora il segretario del Pdm.

Per questi motivi è stato chiesto al Ministro “se non ritenga di dover sospendere i programmi di acquisizione pluriennale in premessa e conseguentemente destinare le risorse eventualmente disponibili all'adeguamento dei trattamenti economici del personale militare ed alla stabilizzazione dei precari delle Forze Armate”.

mercoledì 10 novembre 2010

Crisi, Draghi: "Produttività deludente, bisogna stabilizzare i precari". La Cgil: è questo il problema

E’ preoccupato il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi quando parla di una economia che fatica a crescere. Per lui "la difficoltà di quella italiana di crescere e di creare reddito non deve smettere di preoccuparci. Dobbiamo ancora valutare – aggiunge in una lezione magistrale alla facoltà di Economia dell'università di Ancona - gli effetti della recessione sulla nostra struttura produttiva. È possibile che lo shock della crisi abbia accelerato la ristrutturazione almeno di parti del sistema, accrescendone efficienza e competitività; è possibile un semplice, lento ritorno al passo ridotto degli anni pre-crisi; è anche possibile un percorso più negativo".

Sono i giovani a rischiare di più - Per Draghi “l'Italia è davanti a un bivio e, se non si agisce presto, saranno i giovani a rischiare di subire le conseguenze peggiori del declino economico”. Dopo il duro monito il Governatore di Bankitalia aggiunge "voglio solo suggerire che ci potremmo trovare di fronte a un bivio. Gli indicatori delle organizzazioni internazionali ci dicono che gli italiani sono mediamente ricchi, hanno un'elevata speranza di vita, sono in gran parte soddisfatti delle loro condizioni: l'inazione è sostenibile per un periodo anche lungo; potrebbe generare un declino protratto. Ma quegli stessi indicatori - sostiene il Governatore - mostrano che l'inazione ha costi immediati: la ricchezza è il frutto di azioni e decisioni passate, il Pil, legato alla produttività, è frutto di azioni e decisioni prese guardando al futuro. Privilegiare il passato rispetto al futuro esclude dalla valutazione del benessere la visione di coloro per cui il futuro è l'unica ricchezza: i giovani".

Necessario stabilizzare i precari – “Una graduale stabilizzazione dei precari è indispensabile per evitare alla lunga un calo della produttività”, sottolinea il numero uno di Bankitalia. "Nel mercato del lavoro - dice ancora Draghi - il dualismo si è accentuato. Rimane diffusa l'occupazione irregolare, stimata dall'Istat in circa il 12% del totale delle unità di lavoro. Le riforme attuate, diffondendo l'uso di contratti a termine, hanno incoraggiato l'impiego del lavoro, portando ad aumentare l'occupazione negli anni precedenti la crisi, più che nei maggiori paesi dell'area dell'euro". Ma senza la prospettiva di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari, sottolinea in chiusura il Governatore, “si indebolisce l'accumulazione di capitale umano specifico, con effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità".

"La mobilità sociale in Italia è ancora scarsa e l'origine familiare conta più degli studi nel successo professionale dei giovani", ha fatto notare il Governatore della Banca d'Italia. "La mobilità sociale persistentemente bassa che si osserva in Italia - ha detto - deve allarmarci. Studi da noi condotti mostrano come, nel determinare il successo professionale di un giovane, il luogo di nascita e le caratteristiche dei genitori continuino a pesare molto di più delle caratteristiche personali, come il livello di istruzione. Il legame - ha concluso - tra risultati economici dei genitori e dei figli appare fra i più stretti nel confronto internazionale".

Manca concorrenza - L'impegno nelle liberalizzazioni "si è interrotto da tempo", ha affermato Mario Draghi. In Italia, ha spiegato, c'è "un problema di concorrenza nei servizi. Studi condotti in Banca d'Italia mostrano da tempo come la mancanza di concorrenza nel settore terziario ne ostacoli lo sviluppo e crei inflazione; essa incide anche sulla produttività e competitività del settore manifatturiero. Nel 1998 - ha concluso Draghi - si presero misure di liberalizzazione del commercio al dettaglio; documentammo come esse favorissero in quel comparto l'occupazione, la produttività e l'adozione di nuove tecnologie. Ma l'impegno a liberalizzare il settore dei servizi si è da tempo interrotto".

La Camusso: era ora - "Il governatore della Banca d'Italia rimette al centro i veri problemi del paese". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, commenta le parole di Mario Draghi. "Il futuro dei giovani passa dal lavoro - aggiunge il leader della Cgil - e i primi temi da affrontare sono quelli della stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari e della regolarizzazione dell'occupazione". Inoltre, prosegue Camusso, "giustamente Draghi collega la ripresa, oltre che alla stabilizzazione dei precari, anche alla crescita dimensionale delle nostre imprese che rimane ridotta nel confronto internazionale". Infine, conclude il segretario della Cgil, "il 27 novembre abbiamo organizzato una grande manifestazione nazionale a Roma proprio per sottolineare che Il futuro deve essere dei giovani e del lavoro".

FONTE

martedì 26 ottobre 2010

Rifiuti/ Pd: Per La Russa è solo questione di ordine pubblico

Il Pd insiste: "Il clima violento di questi giorni a Terzigno non può trovare solo risposte di ordine pubblico: la responsabilità è del governo Berlusconi che deve trovare soluzioni adeguate e condivise dalla popolazione.
La disponibilità del ministro La Russa ad inviare più soldati, secondo noi, è fuori luogo soprattutto perché non si può fare ricorso sistematico alle Forze armate per compiti che non rientrano nella loro funzioni", dice Antonio Rugghia, capogruppo Pd in commissione Difesa della Camera.
"Tra l'altro - aggiunge - il ministro si fa grande, ma non dice che a partire sarebbero giovani precari dell'esercito ai quali non sarà poi consentito di restare perché il governo ha tagliato anche in questa Finanziaria i fondi per l'arruolamento e la loro stabilizzazione".