Studio, proposte e discussione sulla stabilizzazione del personale militare precario.
“Ci sarà l'alba di un nuovo giorno anche per noi. Un'alba in cui ci sentiremo di nuovo bene e capiremo di non aver sbagliato percorso. Un'alba in cui ci sentiremo orgogliosi di quello che siamo riusciti a fare. Un'alba che arriverà anche grazie a chi, quando staremo per cadere, ci porgerà la mano. E anche grazie a chi non lo farà” (Braveheart)
STABILIZZAZIONE DEL RUOLO UFFICIALI DELLE FORZE ARMATE
La Comunità Europea con Direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, ha stabilito il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per tutti i lavoratori a tempo determinato del settore privato e pubblico (tanto per chi soggiace a diritto pubblico quanto per chi viene sottoposto a diritto privato) una volta che venissero maturati determinati requisiti.
L’ITALIA, in applicazione della riportata Direttiva 1999/70/CE ha emanato il Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che garantisce, tra le altre cose, il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a tutti i dipendenti a tempo determinato, una volta che vengano superati i trentasei mesi di servizio con proroga.
Le sentenze della Corte di Giustizia Europea Ruoli C-212/04, C-53/04, C-180/04, tra luglio e settembre 2006, hanno ribadito il diritto alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato per tutta la compagine dei dipendenti pubblici (confermando il contenuto di cui alla Direttiva 1999/70/CE), ovvero anche il diritto al risarcimento per equivalente.
Di conseguenza, lo Stato Italiano, in deroga all’art.36, c.5, D.Lgs. n.165/01, il 27.12.2006, con Legge 296/06 (Finanziaria 2007) ha disposto (art. 1 cc.417, 420, 519, 523, 526), la stabilizzazione (id est: trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato, a tempo indeterminato) di tutto il personale della Pubblica Amministrazione assunto a tempo determinato per un periodo superiore ai 36 mesi, a partire da quello in servizio al 01.01.2007; infatti sarebbe risultato eccessivamente oneroso per le finanze statali procedere alla concessione di un immediato “risarcimento per equivalente” a tutto il personale in possesso del citato requisito.
La “Stabilizzazione” è semplicemente una sanatoria, conseguente a contingenti decisioni prese in ambito europeo.
Per inciso, durante l'anno 2009, il Sig. Y. G., un ufficiale ausiliario del Corpo delle Capitanerie di porto (congedato durante l’anno 2007), è stato stabilizzato nella P.A. proprio in virtù del triennio di servizio maturato nel Corpo delle Capitanerie di porto
Si vuole infatti precisare che il comma 519, articolo unico della legge finanziaria 2007, ha disposto una procedura di assunzione straordinaria di personale della Pubblica Amministrazione, parallela, anche se diversa, a quella relativa alle ordinarie assunzioni.
Secondo la "Difesa" il comma 519, articolo 1 della legge n. 296/06 prevede la stabilizzazione del personale del pubblico impiego in ragione del 20% del fondo di cui al comma 96, art.3, Legge n. 311/04.
Il riportato "fondo" afferisce la disponibilità nei riguardi delle assunzioni in deroga al c.d. blocco del "turn over" stabilito con il comma 95, art. 3, Legge n. 311/04.
Tale divieto generalizzato di assunzioni di personale a tempo indeterminato imposto alle pubbliche amministrazioni per il triennio 2005-2007 dal comma 95 dell'articolo unico della finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), non riguarderebbe il personale dipendente delle Forze armate, e ciò in quanto la detta norma precisa che sono fatte salve le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226.
Conseguentemente, le Forze Armate non potrebbero accedere allo speciale fondo, istituito dal successivo comma 96 per finanziare, in deroga al divieto di cui al suddetto comma 95, quelle assunzioni che si rendessero necessarie per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza; pertanto i dipendenti precari delle Forze Armate non potrebbero beneficiare delle stabilizzazioni di cui al comma 519 dell'articolo unico della finanziaria 2007 (L. n. 296/2006), in quanto tale disposizione, per istituire il necessario nuovo fondo per finanziare tali stabilizzazioni, scorpora il 20% del fondo di cui al citato comma 96 della finanziaria 2005.
A ben guardare, il comma 519, articolo 1 della legge n. 296/06 prevede la c.d. stabilizzazione del personale del pubblico impiego statuendo apposito fondo, corrispondente ad una quota (20%) delle risorse di cui al precedente comma 513, e non già al c. 96, art. 3, L. 311/04 tout court; in particolare, si sottolinea che il comma 513 rifinanzia il fondo di cui al c. 96.
Ma già il comma 96 art.3, L.311/04 consisteva in un rifinanziamento del precedente fondo c.d. "in deroga al blocco delle assunzioni" stabilito dall'art. 3, comma 54, della legge n. 350 del 2003.
Il comma 55 della sessa legge stabiliva, poi, che le deroghe di cui al precedente comma – quindi le richieste di assunzione in deroga al "blocco" - erano autorizzate secondo la procedura di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni; e che nell’ambito delle procedure di autorizzazione delle assunzioni è prioritariamente considerata l’immissione in servizio degli addetti a compiti connessi alla sicurezza pubblica, al rispetto degli impegni internazionali, alla difesa nazionale, al soccorso tecnico urgente, alla prevenzione e vigilanza antincendi e alla protezione civile; con ciò autorizzando anche le Forze Armate (in particolare il Ruolo Ufficiali) all'accesso al fondo di che trattasi, come infatti è avvenuto.
A fortiori si sottolinea che in tutti i provvedimenti di Autorizzazione all'assunzione del personale nelle pubbliche amministrazioni in deroga al c.d. "blocco", per gli anni 2004-5-6 e proprio per lo stesso anno di riferimento della stabilizzazione – 2007 - (cfr: D.P.R. 25 agosto 2004, D.P.R. 6 settembre 2005, D.P.R. 28 aprile 2006, D.P.R. 29 novembre 2007), è previsto il beneficio di una parte del fondo di che trattasi in favore del personale delle FFAA.
Nonostante tanto, la "Difesa", in maniera alquanto contraddittoria, sostiene le FFAA essere sottratte al beneficio di cui alla spartizione del fondo in parola.
Invero le Forze Armate, non sono esonerate in toto dal suddetto blocco generalizzato delle assunzioni, né, di conseguenza, ad esse è precluso l'accesso al fondo di cui al comma 96 art. 1 L. 311/04.
Assunzioni connesse con la professionalizzazione
La norma infatti non fa salve tutte le assunzioni delle Forze armate, ma soltanto quelle finanziate dalla legge 14 novembre 2000, n. 331, dal decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e dalla legge 23 agosto 2004, n. 226, ovverosia:
· per quel che attiene le FFAA, le assunzioni relative ai ruoli non direttivi e quelle del personale destinato all'inquadramento, alla formazione ed all'addestramento dell'organico da professionalizzare;
· per quel che attiene il Corpo delle Capitanerie di porto, le sole assunzioni delle categorie del ruolo truppa;
tanto, a mente della L. 331/00 e dell'art. 23, c. 3, e dell'art. 28, c. 1, L. 226/04, (come, peraltro confermato dallo stesso D.P.R.6 settembre 2005).
Infatti, la normativa relativa alla professionalizzazione di cui alla Legge 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04, prevede (in coerenza con gli oneri di cui alla tabella "A" della L. 331/00, e a decorrere dall'anno 2007, dalle tabelle "C" ed "E" di cui alla L. 226/04), per quel che attiene le Forze Armate (ad esclusione del corpo delle Capitanerie di porto):
· l'aumento di 10.450 unità del ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente,
· il reclutamento di 30.506 volontari del medesimo ruolo in ferma prefissata,
· il mantenimento in servizio di circa 31.500 volontari di truppa in ferma breve,
Di più stabilisce che al fine di compensare il personale in formazione è computato un contingente di volontari in ferma prefissata di un anno determinato annualmente nelle misure di seguito indicate:
· 4.021 unità nell'anno 2005;
· 821 unità, in ciascuno degli anni dal 2006 al 2011;
· 749 unità, in ciascuno degli anni dal 2012 al 2020.
Infine dispone, al fine di inquadrare, formare e addestrare i volontari in ferma prefissata di un anno, un contingente di personale militare determinato annualmente nelle misure di seguito indicate:
· nell'anno 2005: 210 ufficiali, 350 marescialli, 350 sergenti, 1.743 volontari in servizio permanente;
· negli anni dal 2006 al 2007: 120 ufficiali, 200 marescialli, 200 sergenti, 996 volontari in servizio permanente;
· negli anni dal 2008 al 2020: 90 ufficiali, 150 marescialli, 150 sergenti, 747 volontari in servizio permanente.
Per quel che riguarda il Corpo delle Capitanerei di porto l'assunzione ed il mantenimento in servizio di:
· 3.500 volontari di truppa in servizio permanente del Corpo delle Capitanerie di porto,
· 1.775 volontari in ferma ovvero in rafferma del Corpo delle Capitanerie di porto,
In più al fine di compensare il personale in formazione non impiegabile in attività operative stabilisce un contingente di volontari in ferma prefissata di un anno nelle misure di seguito indicate:
· 200 unità nell'anno 2005;
· 235 unità negli anni 2006 e 2007;
· 5 unità in ciascuno degli anni dal 2008 al 2015.
Sotto tale segno la normativa sulla professionalizzazione delle Forze Armate prevede precisi fondi per l'attuazione del disposto normativo stesso (infatti, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione Italiana, ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte).
Da tanto, si precisa che gli unici oneri e relativi fondi previsti dalla detta normativa per l'assunzione del personale da professionalizzare si rinvengono nella Tabella "A" di cui alla legge 331/00 e alle Tabelle "C" ed "E" di cui alla L. 226/04; ovverosia 500.000.000 euro per le FFAA e 70.000.000 per il ruolo truppa delle Capitanerie di porto.
Tanto a fronte di una spesa pari a 9.000.000.000, per mantenere il personale delle Forze armate (escluso il Corpo CP), e di 500.000.000 per quello del Corpo delle Capitanerie.
Per quanto sopra citato, risulta di tutta evidenza che le uniche assunzioni del ruolo ufficiali connesse con la professionalizzazione delle FFAA di cui alle leggi 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04 attengono i seguenti contingenti:
a) nell'anno 2005, 210 ufficiali;
b) negli anni dal 2006 al 2007, 120 ufficiali;
c) negli anni dal 2008 al 2020, 90 ufficiali.
Per le restanti assunzioni di ufficiali delle FFAA, invece, si utilizzano gli ordinari stanziamenti inscritti nei fondi strutturali del Dicastero della Difesa, che, logicamente nulla hanno a che fare con i fondi e quindi con le assunzioni di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04.
Per quel che attiene il Corpo delle Capitanerie, invece, alcuna componente del ruolo ufficiali è legata alla formazione del personale da professionalizzare; infatti il reclutamento degli ufficiali del "Corpo" interviene grazie agli ordinari stanziamenti del Dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti.
Risulta, poi, del tutto inconferente con le assunzioni connesse con la professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04) l'inclusione, a partire dal 01.01.2006, delle dotazioni organiche del Ruolo Ufficiali delle FFAA nel decreto di cui all'art.2, c.3 del D.Lgs. 215/04.
Infatti la Legge 2 Dicembre 2004, n.299 (non già il D.lgs. 215/01) stabilisce da un lato, le dotazioni organiche del ruolo ufficiali, dall'altro, che il reclutamento del ruolo ufficiali è regolamentato secondo le disposizioni di cui all'art.60 e seg. del D.Lgs. 490/97, fino all'anno 2009, con ciò vanificando ogni tentativo di ricondurre in toto l'assunzione del personale del ruolo ufficiali delle FFAA o la determinazione organica dello stesso alla normativa sulla professionalizzazione di cui alla L.331/00, al D.Lgs. 215/01, e alla L. 226/04.
Ammesso e non concesso, poi, che la circostanza possa definirsi dirimente della connessione delle assunzioni del Ruolo Ufficiali delle FFAA con la normativa sulla professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04), comunque il Ruolo Ufficiali del Corpo delle Capitanerie di porto ne sarebbe escluso, stante la mera considerazione che l'ultimo decreto sull'organica del detto ruolo datato 9.11.2004 risulta adottato ai sensi e per gli effetti del combinato del disposto normativo di cui all'art. 1 e 60 del D.Lgs. 490/97, attinente il "Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali, a norma dell'articolo 1, comma 97, della legge 23 dicembre 1996, n. 662", pertanto altra destinata normativa del tutto inconferente con la Professionalizzazione delle FFAA.
Né la normativa sulla professionalizzazione prevede alcunché per il Ruolo Ufficiali del Corpo delle Capitanerie di porto; anzi a ben vedere la gestione del detto personale viene ex lege esclusa dallo stesso dettato normativo (cfr: art.3, c. 1, lett. a, L. 331/00, art. 1, c.1 D.Lgs. 215/01, art. 27, 28 L .226/04).
La prova di tanto si ha nel D.P.R. 6 settembre 2005, recante "autorizzazione ad assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 1, commi 95, 96 e 97 della legge 30 dicembre 2004, n. 311".
Infatti in tale anno aldilà delle 210 assunzioni di ufficiali delle FFAA connesse con la professionalizzazione si sono assunti circa 450 ufficiali delle FFAA, con i fondi per le assunzioni in deroga.
Se effettivamente fosse come sostenuto dalla Difesa, ovverosia che a far data dal 1.01.2006 tutte le assunzioni del ruolo ufficiali fossero connesse con la normativa di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04, ci si domanda come potrebbe mai essere che proprio la stessa normativa sulla professionalizzazione disponga per l'anno 2005 l'assunzione di personale che, secondo la Difesa, solo a far data dall'anno successivo avrebbe dovuto "rientrare" tra le assunzioni connesse con la professionalizzazione; ovvero anche, come sia stato possibile per il ruolo ufficiali delle FFAA attingere lo stesso anno (2005) tanto ai fondi sulla professionalizzazione tanto a quelli sulla stabilizzazione, se non in virtù di un "diversa" destinazione delle risorse!
Infatti, ammesso e non concesso – perchè è circostanza impossibile, né mai provata –, poi, che a partire dal 2006 le risorse già previste specificamente per la professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04), siano state utilizzate anche per l'assunzione del Ruolo Ufficiali delle FFAA, questo non dovrebbe significare che in quel momento le Forze armate sono state "sottratte al blocco delle assunzioni ed alla relativa deroga di cui al comma 96.
Si tratterebbe, come è evidente, di differenti risorse economiche, a cui le Forze Armate (in particolare il Ruolo Ufficiali) hanno avuto accesso alternativamente, in relazione alle proprie esigenze concrete ed alle concrete disponibilità dei relativi fondi, tutti in astratto accessibili.
Ma si ribadisce che la circostanza è del tutto irrealistica stante il fatto che le risorse messe a disposizione dalla professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04) hanno interessato il solo personale "non direttivo" delle FFAA, del quale notoriamente non fa parte il Ruolo Ufficiali; eccezion fatta per il personale assunto per la formazione, mai l'assunzione di alcun ufficiale delle Forze armate è stata garantita da alcun fondo sulla professionalizzazione, né è possibile riscontrare una simile affermazione nella normativa di che trattasi.
Ora, se già nel 2005, come del resto anche nel 2006 e addirittura nello stesso 2007 le FF.AA. sono state autorizzate ad accedere al detto fondo - per giunta proprio per le assunzioni che si vorrebbe far ricadere nella professionalizzazione, quelle che sarebbero dovute essere certamente escluse dal blocco e dal relativo fondo - non si vede per quale ragione le Forze armate non abbiano proceduto a richiedere l'autorizzazione all'accesso al fondo de quo anche per la richiesta di stabilizzazione dei propri "ufficiali precari", peraltro per far fronte a nuove ed autonome esigenze (quelle relative appunto alla stabilizzazione dei dipendenti precari), totalmente diverse, se non addirittura diametralmente opposte, a quelle sottese alla professionalizzazione.
Peraltro, si aggiunga sommessamente che, anche a voler escludere l'accesso delle FF.AA. all'originario fondo di cui al comma 96 della finanziaria 2005, si deve tener presente che, nel momento in cui la finanziaria 2007 ha scorporato il 20% del suddetto fondo, ha bloccato tale quota, mutandone la destinazione. In altri termini, quel 20% non fa più parte del fondo originario, ma costituisce un nuovo fondo, con una nuova destinazione, accessibile soltanto per finanziare le stabilizzazioni di cui al comma 519 della finanziaria 2007. Di conseguenza l'originaria destinazione del primo fondo (le assunzioni urgenti in deroga al blocco del turn over) diventa oggi del tutto irrilevante con riferimento a quel 20% che oggi costituisce un fondo nuovo, autonomo e diverso.
Con specifico riferimento agli Ufficiali, la "Difesa" afferma che le assunzioni a tempo indeterminato (rectius in S.P.E.) degli Ufficiali non potrebbero accedere al fondo di cui al comma 519, in quanto si tratterebbe di assunzioni "funzionali" alla riforma della professionalizzazione, che dunque andrebbero effettuate solo con i fondi propri della professionalizzazione, e non con i fondi del comma 519.
Tuttavia, neanche tale assunto pare condivisibile. Innanzi tutto lascia perplessi il fatto che le assunzioni a tempo indeterminato degli ufficiali delle FFAA possano essere considerate istituto giuridico connesso alla riforma della professionalizzazione, visto che già all'epoca dei fatti (1 gennaio 2007) la riforma era compiuta, in quanto legata alla contingenza dell'abolizione del servizio di leva e alla riduzione dell'organico delle FFAA a 190.000 unità, dunque fisiologicamente temporanea, pensata e realizzata per la "graduale sostituzione leva con militari di professione" (si vedano in tal senso le norme istitutive di tale riforma: legge 14 novembre 2000, n. 331, decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, legge 23 agosto 2004, n. 226).
Inoltre, anche a volere riscontrare tale rapporto funzionale, ciò non toglie che le stesse assunzioni possano essere considerate altrettanto necessarie (al pari degli omologhi colleghi dell'Arma dei Carabinieri) pure con riferimento alla stabilizzazione dei precari, e ciò proprio in base alla ratio sottesa al comma 519.
D'altronde, non bisogna dimenticare che il comma 519 disciplina non le assunzioni tout court, bensì solo quelle mirate, appunto, alla stabilizzazione dei precari. In altri termini, se l'Ufficiale "militare di professione" è pure precario, non si vede per quale ragione non possa accedere alla stabilizzazione ex art. 519.
Peraltro è solo il caso, brevemente di accennare che il c. 95, L. 311/04, non fa salve solamente le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle FFAA di cui alle leggi L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04, ma pure quelle connesse con la professionalizzazione dell'Arma dei carabinieri di cui all'articolo 3, comma 70, della legge 24 dicembre 2003, n.350.
Queste ultime assunzioni, in particolare, intervengono a completamento del programma di sostituzione dei carabinieri ausiliari (di cui all’art. 21 della legge 28 dicembre 2001, n.448 e dell’articolo 34, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), che dispone che in relazione alla necessità di procedere alla progressiva sostituzione dei carabinieri ausiliari in deroga a quanto stabilito dall’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è attivato un arruolamento di contingenti annui di carabinieri in ferma quadriennale.
Il successivo c. 96 art. 1 della L. 311/04 ha disposto, in deroga al divieto di cui al comma 95, per le amministrazioni ivi previste, apposito fondo per le assunzioni che si rendessero necessarie per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, asservendo l'autorizzazione alle modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n.449, e successive modificazioni.
Ha, infine, statuito al c.96 che nell’ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all’assunzione di cui al comma 97 è prioritariamente considerata l’immissione in servizio, in particolare, del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e il controllo dei confini dello Stato, e degli addetti alla difesa nazionale.
Con ciò, pertanto, da un lato, ha escluso l'accesso al fondo di che trattasi al ruolo truppa tanto delle tre FFAA quanto dell'Arma dei Carabinieri, in quanto dotati di specifico fondo per le assunzioni connesse con la professionalizzazione dello stesso ruolo; dall'altro, ha riservato al personale del Ruolo Ufficiali sia delle FFAA che dell'Arma il beneficio di cui al c. 96, art. 1, L. 311/04.
Invero la finanziaria 2007 ha voluto estendere le risorse destinate alla stabilizzazione scorporando, in aggiunta, anche una porzione del già citato fondo, distinto ed autonomo istituito proprio per la riforma della professionalizzazione.
Di conseguenza, l'accesso al fondo ex comma 96 non può essere precluso in modo generalizzato alle Forze armate, ma al contrario costituisce una risorsa finanziaria a cui anche le FF.AA. (ed in particolare il ruolo ufficiali) possono accedere.
Ciò è comprovato anche dal successivo comma 97, che prevede, proprio con riferimento alle suddette autorizzazioni in deroga al c.d. blocco del turn over, che sia "prioritariamente considerata l'immissione in servizio degli addetti a compiti di sicurezza pubblica e di difesa nazionale" - peraltro ripercorrendo quanto già disciplinato dal riportato comma 55, articolo 3, L. 350/03 -.
Nel merito è solo il caso di accennare l'evidenza della frase che coinvolge le FFAA, e non già i soli corpi di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e corpo della Guardia di Finanza); infatti, qualora il legislatore avesse voluto intendere gli appartenenti alle sole forze di polizia (tanto ad ordinamento civile quanto militare), gli sarebbe bastato citare gli addetti a compiti di sicurezza pubblica; tutto ciò, come è noto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 57 del C.P.P.
Il legislatore ha, comunque, messo a disposizione ulteriori risorse (di cui all'art. 1, c. 417, 419, L. 296/07); a fortiori nella circolare del 24 marzo 2007 del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nelle Pubbliche amministrazioni, si legge che le amministrazioni pubbliche non citate espressamente nel comma 519, in quanto sottoposte a specifiche disposizioni in materia di assunzioni ... adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto dal medesimo comma 519 in termini di requisiti e modalità di assunzione, tenendo conto delle relative peculiarità e nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.
Di più si sottolinea che la procedura di cui alla stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione, prevede altresì (cfr: c. 526, art.1, L. 296/06) che tale procedimento si debba necessariamente estendere ai successivi due anni (2008, 2009); in questo caso, però le assunzioni devono essere garantite dai fondi strutturali del singolo Dicastero, come testimoniato dallo stesso D.p.c.m. 06.08.2008, che ha stabilito le assunzioni a tempo indeterminato di che trattasi con i fondi del singolo Ministero; con ciò legittimando l'ultroneità di riferimento al fondo di cui all'art. 1, c. 96, L. 311/04.
In tal senso è solo il caso di ricordare quanto espresso nel parere del Capo Ufficio Legislativo del Ministero per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, Avv. Danilo DEL GAIZO, datato 05.12.2006 si legge: "...per le assunzioni in deroga autorizzate sempre per l'anno 2007 è, infine, considerata prioritaria l'immissione in servizio, tra gli altri, degli addetti al personale della difesa nazionale.
mercoledì 1 dicembre 2010
Manifestazione a Roma dei militari: Questore sotto pressione da parte dei vertici dell'Arma?
Roma, il 2 dicembre i militari in piazza. Non accadeva dagli anni '70

lunedì 29 novembre 2010
Difesa: gen. Tricarico, no a militari-spazzini e mini naja
giovedì 25 novembre 2010
Difesa: Di Stanislao (IDV), su tagli al comparto e su aereo F35 il governo non dà risposte
mercoledì 24 novembre 2010
Difesa, Sbilanciamoci: analisi particolareggiata sulle troppe spese per i sistemi d'arma e poche per il personale
Questo progetto presenta molteplici problemi, oltretutto prevedibili per imprese così faraoniche e velleitarie. Infatti sulla carta il JSF vuole essere un caccia di penetrazione con caratteristiche stelth, cioè bassa visibilità. Aumento dei costi, ritardi nella produzione, scarso numero di collaudi e veri e propri flop di pezzi collaudati sono costantemente e puntualmente denunciati dal GAO, Government Accountability Office, il Corrispettivo USA della nostra Corte dei Conti. Per capire meglio citiamo un solo dato un singolo aereo, partito da un costo iniziale di 81 milioni di dollari, è arrivato oggi a 131 milioni di dollari. A questo dobbiamo aggiungere che le ricadute industriali saranno minime, vista la scarsa
disponibilità di Washington a cedere il know-how del velivolo e così i ritorni occupazionali, visto che ci saranno da collocare tutti quelli che perderanno il posto per i tagli alla tranche 3B dell’Eurofighter. Malgrado tutto questo, con una velocità inusuale e sconvolgente il Senato prima e la Camera dei Deputati poi, hanno dato l’8 aprile 2009 il via libera al Governo per l’acquisto di 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter al costo di 12,9 miliardi di euro, spalmati fino al 2026 e la realizzazione a Cameri (Novara) di un centro europeo di manutenzione al costo di 605,5 milioni di euro, da consegnare entro il 2012.
Le fregate FREMM Il programma per la costruzione delle fregate FREMM è stato firmato da Italia e Francia nel 2004; tale progetto prevede la costruzione di 17 unità per la marina francese e di 10 per quella italiana. Il costo complessivo delle nostre Fregate è di 5.680 milioni di euro e la fine del progetto è prevista per il 2017, anche se tale data è stata fatta slittare dal nostro Governo di due anni. Il costo unitario medio di una fregata francese, tasse escluse ed alle condizioni economiche del gennaio 2003 ammonta a 280 milioni di euro, mentre per l’Italia è di 350 milioni di euro. Una domanda sorge spontanea, perché le fregate italiane costano di più? Abbiamo armamenti più sofisticati? Se si perché? Abbiamo esigenze strategiche diverse? Altra domanda da porsi è se avevamo veramente bisogno di dieci fregate, considerando che adesso siamo disposti a rivenderne quattro? Alcuni programmi però sono finanziati o cofinanziati con fondi del Ministero dello Sviluppo Economico ed in questa maniera non compaiono tra le spese della Difesa: si tratta tra gli altri del caccia Eurofighter, delle Unità navali della classe FREMM e dei veicoli blindati VBM 8x8 Freccia.
In particolare lo stato di previsione del Ministero dello Sviluppo Economico prevede uno stanziamento di 255 milioni per il Fondo per gli interventi agevolati alle imprese, che negli ultimi anni è stato destinato totalmente ad interventi per l’aereonautica e l’industria aerospaziale e duale, uno stanziamento di 1.483 milioni di euro destinato ad interventi agevolati per il settore aeronautico, uno stanziamento di 510 milioni di euro destinato ad interventi per lo sviluppo e l’acquisizione delle unità navali della classe FREMM. Alla fine nel 2011 si prevedono spese per nuovi sistemi d’arma, tra i fondi della Difesa e quelli del Ministero dello Sviluppo Economico per complessivi 5,7 miliardi di euro, una cifra non proprio trascurabile in un periodo di crisi economica e di tagli alla spesa pubblica in settori cruciali come la sanità, la ricerca, l’istruzione,la giustizia ed i trasporti.
Nello Stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze è presente poi uno stanziamento di 4,3 milioni di euro destinato al Fondo di riserva per le spese derivanti dalla proroga delle missioni internazionali di pace; in questa maniera, considerando che nel 2010 si è speso 1,5 miliardi di euro per le Missioni, mancano di fatto i finanziamenti. intanto durante la discussione in Commissione Bilancio alla Camera il Governo, in un suo maxi-emendamento, ha stanziato per il fondo per le Missioni internazionali 750 milioni di euro per la proroga della partecipazione italiana fino al 30 giugno 2011, confermando che, anche nel 2011, si dovrebbero spendere 1,5 miliardi di euro. Uno stanziamento di 645,8 milioni di euro è destinato alle spese per il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica; una parte di esso è destinato al Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (AISI ex SISMI), nell’ultima ripartizione approvata (2008) al Ministero della Difesa vi erano destinati 143,1 Milioni di euro.
L’Italia alla fine per la “Difesa” spende quasi 24,4 miliardi di euro e non è poco; se anche se sottraessimo i fondi destinati all’Arma dei carabinieri saremmo sempre intorno ai 20 miliardi, circa 6 miliardi in più di quelli destinati alla funzione difesa, che viene presa come parametro per le spese militari da politici e militari nostrani, ma non all’estero, dove la Nato, il Sipri ed altri organismi soprannazionali includono tutte le spese destinate ai militari. Allo stato attuale l’Italia è impegnata in oltre 30 missioni internazionali dislocate in 20 paesi, che vedono coinvolti oltre 8.000 militari. Le missioni di maggior impegno sono quella in Afghanistan, dove sono impegnati circa 4.000 militari, in Libano dove sono presenti circa 1.700 soldati e i Balcani dove sono impegnati circa 1.600 militari. I fondi destinati alle missioni sono per oltre il 90% destinati alle spese delle Forze Armate; quel poco che resta è destinato alla cooperazione ed agli aiuti umanitari. Sulle missioni, ormai si porta avanti un rituale scontato: il Governo vara il Decreto Legge semestrale per il loro rifinziamento ed il Parlamento lo ratifica con voto solitamente bipartisan In nessuno di questi luoghi, avviene un dibattito per capire se gli obiettivi dati alle missioni siano stati raggiunti o meno ed in che tempi, con il rischio di mantenerle a vita. L’Afghanistan è l’esempio più lampante. Un conflitto iniziato il 7 ottobre 2001 con un costo economico (353 miliardi di dollari solo gli USA) ed umano spropositato, circa 50.000 vittime, delle quali 14.000 civili e 2.000 soldati Nato che, malgrado la continua crescita di presenza di militari e mezzi, si trova nel classico pantano. I talebani hanno ripreso ormai il controllo di buona parte del Paese, infiltrandosi anche nella capitale Kabul, la produzione di oppio procede imperterrita, il 70, 80% degli aiuti internazionali non è mai arrivato alla popolazione afgana, tanto che dal 2002 sono aumentate mortalità infantile, ignoranza e povertà.
L’Italia alla fine di quest’anno avrà sul campo 4.000 uomini, mezzi sempre più pesanti (cacciabombardieri AMX, elicotteri Mangusta, carro armato Dardo, blindati Freccia, ) e soprattutto avrà speso 750 milioni di euro, contro i 540 milioni di euro spesi nel 2009, portando la cifra globale a quasi 3 miliardi di euro. Visto che anche la presenza militare non garantisce l’arrivo degli aiuti alla popolazione, si potrebbe ritirare tranquillamente il contingente militare e destinare il costo del suo mantenimento direttamente per gli aiuti umanitari.
Politica di difesa e sicurezza nazionale del Governo
Come abbiamo visto le principali nazioni europee stanno attuando tagli ai loro bilanci e rivedendo il modello di Difesa, principalmente riducendo il numero dei militari e rivedendo le scelte sui sistemi d’arma. L’Italia, invece, taglia poco e male e soprattutto non avvia un dibattito serio sul Modello di Difesa cui dotarsi. Da un lato si portano avanti iniziative di facciata di dubbia utilità come la mini-naja e militari in città, dall’altra non si trovano i fondi per la formazione, la sicurezza del personale ed il mantenimento di mezzi e strutture. Da un lato aumentano le spese del personale verso i vertici e ed i sistemi d’arma e dall’altra si taglia sull’arruolamento delle truppa.
Con un blitz il Governo ha fatto approvare nella legge n.122/2010 ( Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria), provvedimento passato a colpi di fiducia, l’istituzione dell’iniziativa“Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane”. Tale iniziativa avrà un costo di 6.599.720 euro per l’anno 2010, 5.846.720 per il 2011 e 7.500.000 per il 2012. Si tratta di corsi di formazione a carattere teorico-pratico della durata di tre settimane, destinati a giovani tra i 18 ed i 30 anni che assumono lo stato di militari. Questo progetto, fortemente voluto dal Ministro della Difesa Ignazio La Russa, si pone l’obiettivo di avvicinare sempre più il mondo giovanile alle Forze Armate, per favorire una maggiore condivisione dei valori che da esse promanano ed una più approfondita conoscenza delle loro attività a beneficio della collettività nazionale e della stabilità internazionale.
Considerando tuttavia che non esistono problemi di arruolamento ed anzi il problema è casomai dare stabilità ai giovani che si sono arruolati con la ferma breve, l’iniziativa si connota come puramente di facciata e di propaganda.
E’ stata poi prorogata fino al 31 dicembre 2010 l’operazione “città sicure” con l’impiego di 4.250 militari per garantire la sicurezza nelle città; i militari sono equiparati agli agenti di Pubblica Sicurezza e possono arrestare, perquisire e sequestrare materiale. Percepiscono un’indennità pari a 26 euro al giorno per chi opera fuori dalla propria città e 13 euro per chi opera in sede. Dei 4250 militari, 1.095 sono impiegati per la vigilanza dei centri di identificazione degli immigrati, 1.467 per le pattuglie cittadine e 1.688 per la vigilanza dei siti sensibili come ambasciate, luoghi di culto, ecc.. I soldi spesi per tale operazione, circa 62 milioni di euro l’anno, se fossero investiti per pagare gli straordinari alle forze di polizia, ovvero di chi è preposto professionalmente a tale mansione, permetterebbero di raggiungere sicuramente risultati migliori. Per approvare la “Difesa servizi spa” il Governo ha fatto un vero e proprio blitz, giacchè dopo un anno di discussione in Parlamento del suo disegno di legge ha presentato in seconda lettura alla Camera un emendamento alla Finanziaria 2010 che poi è passata a colpi di fiducia.
All’articolo 2 della Legge Finanziaria 2010 sono stati inseriti i commi che vanno dal 27 al 36 riguardanti l’istituzione della “Difesa Servizi Spa” e la tutela di distintivi e marchi delle Forze Armate. Il comma 27 delega il Governo ad emanare un decreto per costituire la società per azioni denominata “Difesa Servizi Spa” per la quale si prevede che: “Ai fini dello svolgimento dell’attività negoziale diretta all’acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni strettamente correlate allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Amministrazione della difesa e non direttamente correlate all’attività operativa delle Forze Armate, compresa l’Arma dei carabinieri….. è costituita la società per azioni ‘Difesa Servizi Spa’”. Il capitale sociale di partenza della società è stabilito in 1 milione di euro e le azioni della società sono interamente sottoscritte dal Ministero della Difesa, che esercita i diritti dell’azionista. Al Ministro della Difesa spetta anche la nomina del Consiglio di amministrazione della Società. Nei commi restanti si esplicitano i contenuti del decreto attuativo che dovrebbe essere varato entro 45 giorni, cioè lo statuto e la nomina dei componenti del Consiglio di amministrazione. Ad oggi non se ne hanno notizie.
Questa scarsa trasparenza e volontà di confronto legittimano dubbi e perplessità sulla reale portata del provvedimento. La mancanza di una dettagliata definizione completa dei compiti lascia spazio ad ipotesi che delineano un quadro molto inquietante. In primo luogo è vero che, escludendo dalle competenze della Spa le attività negoziali “direttamente correlate all’operatività delle Forze Armate”, dovrebbero essere preclusi gli armamenti; il mercato delle armi è però talmente vasto e spesso non automaticamente ascrivibile alla definizione di arma, basti pensare ad un camion ad un radar; c’è poi un indotto di pezzi di ricambio che non ha sicuramente un fatturato irrilevante, ma soprattutto essendo tutto collegato al settore bellico, non può assolutamente essere escluso dal controllo pubblico.
Nulla è stato detto sulla sorte del personale civile della Difesa nel caso in cui dovesse spostarsi alla Difesa Spa con un contratto privatistico. C’è il rischio che aumentino le esternalizzazioni dei servizi e che si vada sempre più verso appalti senza bando. Si potrebbe arrivare all’uso dei contractors, cioè compagnie private per la sicurezza. Pesa infine la gestione del patrimonio immobiliare, circa 4 miliardi di euro che stanno risvegliando appetiti speculativi. Cosa impedirà di trasformare una caserma in un centro commerciale o un faro in un albergo? Esattamente come sta succedendo a Roma, che nella scorsa finanziaria ha ricevuto immobili militari per un valore di 600 milioni di euro, al fine di ripianare il
debito. E’ chiaro che l’Amministrazione capitolina sta facendo di tutto per fare cassa con quegli immobili. Il problema di fondo è che il concetto privatistico poco si addice ad un settore delicato e strategico come quello della Difesa. Sono molti anni che la Difesa cerca di “fare cassa” con la vendita dei beni immobili non più utili alle nuove strategie, ma spesso senza risultati apprezzabili. L’ultimo tentativo è contenuto nella legge n. 133/2008 che permette al Ministero della Difesa in autonomia l’attività di alienazione, permuta, valorizzazione e gestione dei beni immobili ad esso affidati. Si ipotizza una dismissione di circa 1.000 infrastrutture, di cui 200 caserme.
Considerando che il demanio militare è di proprietà statale, tale possibilità costituirebbe un privilegio per la Difesa. Molte infrastrutture oltretutto hanno una valenza storica ed ambientale che andrebbe tutelata diversamente e molti immobili dopo diversi anni di aggravio per le comunità dove sono dislocati, dovrebbero essere restituiti gratuitamente come “risarcimento” tramite gli enti territoriali locali. La crisi economica ha portato il Consiglio Superiore di Difesa, presieduto dal Capo dello Stato, a decidere di raccordare gli impegni dei nostri militari con le risorse economiche disponibili. Per questo, nella seduta del 29 gennaio 2009, su proposta del Ministro della Difesa Ignazio La Russa, è stata istituita la “Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione complessiva del sistema di difesa e sicurezza nazionale”. Tale Commissione si è riunita per la prima volta il primo aprile 2009, impegnandosi a presentare i risultati del proprio lavoro entro il successivo 31 luglio. Ad oggi nessuno è riuscito a leggere il rapporto di tale Commissione.
Mentre procede con molte difficoltà un’ipotesi di riforma delle Forze Armate, come al solito le modifiche avvengono nei fatti. I vertici militari, preso atto dell’impossibilità di aumentare le spese militari a loro piacimento, lavorano per orientare lo strumento militare al suo interno. Come abbiamo visto salgono le spese per l’investimento, per acquistare sistemi di dubbia utilità come il nuovo cacciabombardiere JSF; contestualmente si tagliano i fondi per il personale di truppa, senza intaccare i vertici. Andando proprio nella strada opposta rispetto alle priorità dichiarate, infatti se l’attività principale è il peacekeping, servono uomini preparati e non cacciabombardieri. Ma questo è un dibattito che questo Parlamento forse non sente il dovere di affrontare!
Eppure come è stato dimostrato da una recente ricerca dell’Università Bocconi commissionata da Science for Peace, se invece che sulle armi si investisse per esempio su sanità ed energie rinnovabili raddoppierebbero i posti di lavoro e aumenterebbe di una volta e mezza lo sviluppo economico in generale. Un motivo in più per razionalizzare lo strumento militare e liberare risorse per altri settori.
giovedì 18 novembre 2010
Continua la corsa agli armamenti, approvato un piano pluriennale
mercoledì 10 novembre 2010
Crisi, Draghi: "Produttività deludente, bisogna stabilizzare i precari". La Cgil: è questo il problema
E’ preoccupato il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi quando parla di una economia che fatica a crescere. Per lui "la difficoltà di quella italiana di crescere e di creare reddito non deve smettere di preoccuparci. Dobbiamo ancora valutare – aggiunge in una lezione magistrale alla facoltà di Economia dell'università di Ancona - gli effetti della recessione sulla nostra struttura produttiva. È possibile che lo shock della crisi abbia accelerato la ristrutturazione almeno di parti del sistema, accrescendone efficienza e competitività; è possibile un semplice, lento ritorno al passo ridotto degli anni pre-crisi; è anche possibile un percorso più negativo".
Sono i giovani a rischiare di più - Per Draghi “l'Italia è davanti a un bivio e, se non si agisce presto, saranno i giovani a rischiare di subire le conseguenze peggiori del declino economico”. Dopo il duro monito il Governatore di Bankitalia aggiunge "voglio solo suggerire che ci potremmo trovare di fronte a un bivio. Gli indicatori delle organizzazioni internazionali ci dicono che gli italiani sono mediamente ricchi, hanno un'elevata speranza di vita, sono in gran parte soddisfatti delle loro condizioni: l'inazione è sostenibile per un periodo anche lungo; potrebbe generare un declino protratto. Ma quegli stessi indicatori - sostiene il Governatore - mostrano che l'inazione ha costi immediati: la ricchezza è il frutto di azioni e decisioni passate, il Pil, legato alla produttività, è frutto di azioni e decisioni prese guardando al futuro. Privilegiare il passato rispetto al futuro esclude dalla valutazione del benessere la visione di coloro per cui il futuro è l'unica ricchezza: i giovani".
Necessario stabilizzare i precari – “Una graduale stabilizzazione dei precari è indispensabile per evitare alla lunga un calo della produttività”, sottolinea il numero uno di Bankitalia. "Nel mercato del lavoro - dice ancora Draghi - il dualismo si è accentuato. Rimane diffusa l'occupazione irregolare, stimata dall'Istat in circa il 12% del totale delle unità di lavoro. Le riforme attuate, diffondendo l'uso di contratti a termine, hanno incoraggiato l'impiego del lavoro, portando ad aumentare l'occupazione negli anni precedenti la crisi, più che nei maggiori paesi dell'area dell'euro". Ma senza la prospettiva di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari, sottolinea in chiusura il Governatore, “si indebolisce l'accumulazione di capitale umano specifico, con effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità".
"La mobilità sociale in Italia è ancora scarsa e l'origine familiare conta più degli studi nel successo professionale dei giovani", ha fatto notare il Governatore della Banca d'Italia. "La mobilità sociale persistentemente bassa che si osserva in Italia - ha detto - deve allarmarci. Studi da noi condotti mostrano come, nel determinare il successo professionale di un giovane, il luogo di nascita e le caratteristiche dei genitori continuino a pesare molto di più delle caratteristiche personali, come il livello di istruzione. Il legame - ha concluso - tra risultati economici dei genitori e dei figli appare fra i più stretti nel confronto internazionale".
Manca concorrenza - L'impegno nelle liberalizzazioni "si è interrotto da tempo", ha affermato Mario Draghi. In Italia, ha spiegato, c'è "un problema di concorrenza nei servizi. Studi condotti in Banca d'Italia mostrano da tempo come la mancanza di concorrenza nel settore terziario ne ostacoli lo sviluppo e crei inflazione; essa incide anche sulla produttività e competitività del settore manifatturiero. Nel 1998 - ha concluso Draghi - si presero misure di liberalizzazione del commercio al dettaglio; documentammo come esse favorissero in quel comparto l'occupazione, la produttività e l'adozione di nuove tecnologie. Ma l'impegno a liberalizzare il settore dei servizi si è da tempo interrotto".
La Camusso: era ora - "Il governatore della Banca d'Italia rimette al centro i veri problemi del paese". Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, commenta le parole di Mario Draghi. "Il futuro dei giovani passa dal lavoro - aggiunge il leader della Cgil - e i primi temi da affrontare sono quelli della stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari e della regolarizzazione dell'occupazione". Inoltre, prosegue Camusso, "giustamente Draghi collega la ripresa, oltre che alla stabilizzazione dei precari, anche alla crescita dimensionale delle nostre imprese che rimane ridotta nel confronto internazionale". Infine, conclude il segretario della Cgil, "il 27 novembre abbiamo organizzato una grande manifestazione nazionale a Roma proprio per sottolineare che Il futuro deve essere dei giovani e del lavoro".
martedì 26 ottobre 2010
Rifiuti/ Pd: Per La Russa è solo questione di ordine pubblico
venerdì 22 ottobre 2010
La Camera approva la "Specificità". Avv. Carta: norma pericolosa e liberticida
giovedì 21 ottobre 2010
Torna nell'Esercito giovane che sventò attentato caserma Milano
Impedì strage alla Santa Barbara fermando il libico Game
lunedì 18 ottobre 2010
ESERCITO: PD, SOLIDARIETA' A GUIDO LAVENEZIANA, NO ALLA PRECARIETA' PER GIOVANI MILITARI
martedì 14 settembre 2010
Al via la ‘genialata’ di La Russa
La legge n. 122 dello scorso 30 luglio prevedeva la ‘mini naja’, ovvero dei presunti corsi di formazione teorico-pratici ardentemente voluti da La Russa per “avvicinare i giovani ai valori che promanano dalle Forze armate”.
Così mentre il 30 per cento dei ragazzi italiani è senza lavoro lo Stato organizza una iniziativa che non solo l’opposizione ha definito “sbagliata, uno spreco di soldi”.
E siccome i ragazzi non hanno molto da fare non essendoci lavoro per i 1.200 i posti a disposizione (351 riservati alle donne) sarebbero arrivate molte più richieste. “C’è stato un vero boom”, ha precisato il ministro.
Durante la gita in caserma ogni frequentatore assumerà lo status di militare e usufruirà gratuitamente di vitto e alloggio: dovrà però versare una cauzione (da un minimo di 290 euro a un massimo di 411) per il vestiario e l’equipaggiamento forniti dall’amministrazione.
Costo complessivo dell’operazione “circa 20 milioni di euro che pesano come uno schiaffo morale sull’intero comparto Difesa, piegato da lacune finanziarie e da crescente precarietà”, ha denunciato il parlamentare finiano di Futuro e libertà, Aldo Di Biagio, che ha parlato di “costi esorbitanti su cui vale la pena riflettere”.
Anche il Pd ha criticato la trovata “fortemente voluta” dal ministro della Difesa, definendola “sbagliata e scorretta, nient’altro che un vezzo ideologico di La Russa”, un modo buono solo a “sottrarre irresponsabilmente altre risorse al bilancio della Difesa”.
Un’iniziativa, secondo la senatrice Roberta Pinotti, “ad uso e consumo di tv e giornali ma che, dal punto di vista pratico, non apporta alcun vantaggio per le nostre Forze armate”, al contrario penalizzate dai tagli.
Contro la mini naja anche il senatore radicale Marco Perduca: “Era proprio necessario dirottare dal fronte caldo afgano circa sette milioni di euro all’anno, per tre anni, per questa iniziativa pubblicitaria?”.
Allo spettacolo del Barnum italiano è stato aggiunto un nuovo numero.
venerdì 10 settembre 2010
Assointerforze - Tutta la verità sulla manovra finanziaria, il governo, il precariato...
700 milioni di euro elargiti in provvidenze all’editoria;
Montecitorio spende per gli affitti 54 milioni, 7, 5 milioni in affitti, 2,8 milioni in prevenzioni incendi, un milione acquisto nuove tappezzerie, arredi, targhe, cartelli, casseforti e armadi blindati. Dieci milioni si spendono per gli atti parlamentari, dalla stampa alla pubblicazione online ;
L'ufficio tecnico di Montecitorio (collaudi, manutenzione impianti termici, elettrici ed elettronici), ha un budget di 17,5 milioni che servono anche per gli ascensori.
I corsi di lingua straniera per gli onorevoli, dall'inglese al russo, mezzo milione.
Per cancelleria, scarpe antinfortunistiche, camicie, biancheria, sartoria, buste, calendari, lavanderia circa 7 milioni. Sessantun mila euro per prodotti igienici
Per posteggiare le moto dei deputati, il costo dei parcheggi interni è di 33 mila euro, per le auto più di un milione. Per l'assistenza medica, un milione e mezzo;
Il 40 per cento circa del bilancio dei fornitori della Camera dei Deputati risulta concentrato nelle società di un imprenditore romano, un cosiddetto "palazzinaro".
Su un budget complessivo di circa 139 milioni di euro, nelle casse della Milano 90 srl di Sergio Scarpellini finiscono quasi 51 milioni per gli affitti degli immobili annessi Montecitorio: il solo Palazzo Marini costa circa 45 milioni. Costo al minuto per cittadino: 2215 euro al minuto...
In Italia 260.000 Dirigenti coordinano 3.400.000 dipendenti pubblici, ovvero 1 Dirigente ogni 13 impiegati. Un record europeo, e con quali risultati?
Costo totale 22 Miliardi di euro, con un incremento nell'ultimo biennio attorno agli 800 Milioni, di cui: Capi esattori delle agenzie del fisco, 190.000 euro annui; Direttori generali dei ministeri, circa 170.000 euro annui; Dirigenti generali della presidenza del consiglio, quasi 162.000 euro annui.
I massimi dirigenti che ricoprono importanti incarichi istituzionali, guadagnano dai 650 mila euro l’anno ai 360 mila in base al settore di competenza.
A fronte di cotanta Intellighenzia, 250.000 consulenze esterne sono comunque richieste dalla Pubblica Amministrazione. Costo: circa 1,300 milioni di euro ;
Di recente ricevo un'e-mail che segnalava una mozione in cui si proponeva un aumento agli stupendi dei parlamentari di 1.135,00 al mese. Mozione camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali. Tutto questo quando:
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA’ DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00) TUTTI ESENTASSE ...
TELEFONO CELLULARE,TESSERA DEL CINEMA-TEATRO- MEZZI PUBBLICI, FRANCOBOLLI, VIAGGI,CLINICHE, ASSICURAZIONE INFORTUNI E MORTE, AUTO BLU CON AUTISTA, RISTORANTE... TUTTO GRATIS !!!!!!!!!!
Il diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento, contro 40 anni per i comuni cittadini (per ora!!!)
Circa Euro 103.000,00 incassati con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti).
Privilegi per ex Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera.
Per non essere da meno dei loro pari nazionali, in Sicilia ci sono oltre 40 dirigenti con pensioni d’oro (alcuni di loro sono baby pensionati), per non parlare degli stipendi dei deputati siciliani,benefit compresi;
Stipendi d'oro della Rai ;
I viaggi di rappresentanza per il mondo della giunta comunale e provinciale del comune di Palermo
Adesso in coscienza: Altro che togliere ai ricchi per dare ai poveri, secondo un vecchio adagio. Chi già ha continuerà ad avere, e le distanze tra ricchi e poveri aumenteranno sempre di più. Si perseguitano i giornalisti non allineati, si vuol ridicolizzare l’arte, la cultura mandando alla ribalta cantanti da strapazzo che vincono grazie al televoto e raccolgono consensi con una massiccia campagna di lavaggio del cervello. Scompare il mito e arriva il personaggio, gli artisti veri diventano perdenti e spariscono nel nulla. Si svilisce l'impegno e lo studio sostituendolo con "vai in tv, presentati bello e magro e diventi una star". Rimangono a denunciare questi quattro pazzi, etichettati come "populisti", "comunisti", "anti italiani", "inaffidabili", e probabilmente io faccio parte della congrega. So già cosa si dirà di questa lettera: fa il male del personale, dice cose sbagliate, manca di rispetto ai politici e alle istituzioni; e che chi l'ha scritta fa politica e dovrebbe dimettersi . "Girolamo devi vergognarti", "Girolamo Foti agli arresti " , "Girolamo Foti sovversivo" "Girolamo Foti alla forca". Io me ne frego !
Invito tutti i consiglieri e i ben pensati ad agire, invece di parlare. Spero così che potranno parlare serenamente come faccio io. Spero invece che qualche politico di buona volontà possa prenderla sul serio e farne buon uso, per far interrogare la politica sui costi reali dello Stato e della società, affinchè a pagare non debbano essere gli statali, ed in particolare gli operatori della difesa, e sicurezza, ingannati con la specificità. Una macelleria sociale architettata con un disegno diabolico appartenente a qualche lobby raffinata di cui io, e spero anche gli altri, non vogliano essere complici.
(A titolo personale ai sensi dell’articolo 21 della costituzione italiana, Il Signor Girolamo Foti detto Mirco)