“Ci sarà l'alba di un nuovo giorno anche per noi. Un'alba in cui ci sentiremo di nuovo bene e capiremo di non aver sbagliato percorso. Un'alba in cui ci sentiremo orgogliosi di quello che siamo riusciti a fare. Un'alba che arriverà anche grazie a chi, quando staremo per cadere, ci porgerà la mano. E anche grazie a chi non lo farà” (Braveheart)

"Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi perché è proprio la crisi a portare il progresso. La creatività nasce dall'ansia, come il giorno nasce dalla notte oscura. E' nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi, violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni. La vera crisi è la crisi dell'incompetenza. Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel trovare soluzioni. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono i meriti. E' nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza. Parlare di crisi è creare movimento; adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo. Invece di questo, lavoriamo duro! L'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per superarla" (Albert Einstein 1879-1955)
Questo Blog nasce con il preciso intento di far sentire la propria voce ed esprimere il proprio pensiero liberamente e democraticamente.

...la flessibilità è una caratteristica meritevole, la precarietà è uno stato di sofferenza...
"Esorto tutti ad una presa di coscienza, esorto tutti a non subire un trattamento ignomignoso. Invito tutti a non subire gli eventi ma partecipare agli stessi. Bisogna portare ogni vicenda, ogni torto, ogni intento dilatorio dinanzi alle sedi giudiziarie ed in tutti i gradi del giudizio. Bisogna essere uniti e partecipi."
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STABILIZZAZIONE DEL RUOLO UFFICIALI DELLE FORZE ARMATE

La Comunità Europea con Direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, ha stabilito il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per tutti i lavoratori a tempo determinato del settore privato e pubblico (tanto per chi soggiace a diritto pubblico quanto per chi viene sottoposto a diritto privato) una volta che venissero maturati determinati requisiti.

L’ITALIA, in applicazione della riportata Direttiva 1999/70/CE ha emanato il Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, che garantisce, tra le altre cose, il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a tutti i dipendenti a tempo determinato, una volta che vengano superati i trentasei mesi di servizio con proroga.

Le sentenze della Corte di Giustizia Europea Ruoli C-212/04, C-53/04, C-180/04, tra luglio e settembre 2006, hanno ribadito il diritto alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato per tutta la compagine dei dipendenti pubblici (confermando il contenuto di cui alla Direttiva 1999/70/CE), ovvero anche il diritto al risarcimento per equivalente.

Di conseguenza, lo Stato Italiano, in deroga all’art.36, c.5, D.Lgs. n.165/01, il 27.12.2006, con Legge 296/06 (Finanziaria 2007) ha disposto (art. 1 cc.417, 420, 519, 523, 526), la stabilizzazione (id est: trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato, a tempo indeterminato) di tutto il personale della Pubblica Amministrazione assunto a tempo determinato per un periodo superiore ai 36 mesi, a partire da quello in servizio al 01.01.2007; infatti sarebbe risultato eccessivamente oneroso per le finanze statali procedere alla concessione di un immediato “risarcimento per equivalente” a tutto il personale in possesso del citato requisito.

La “Stabilizzazione” è semplicemente una sanatoria, conseguente a contingenti decisioni prese in ambito europeo.

Per inciso, durante l'anno 2009, il Sig. Y. G., un ufficiale ausiliario del Corpo delle Capitanerie di porto (congedato durante l’anno 2007), è stato stabilizzato nella P.A. proprio in virtù del triennio di servizio maturato nel Corpo delle Capitanerie di porto

Si vuole infatti precisare che il comma 519, articolo unico della legge finanziaria 2007, ha disposto una procedura di assunzione straordinaria di personale della Pubblica Amministrazione, parallela, anche se diversa, a quella relativa alle ordinarie assunzioni.

Secondo la "Difesa" il comma 519, articolo 1 della legge n. 296/06 prevede la stabilizzazione del personale del pubblico impiego in ragione del 20% del fondo di cui al comma 96, art.3, Legge n. 311/04.

Il riportato "fondo" afferisce la disponibilità nei riguardi delle assunzioni in deroga al c.d. blocco del "turn over" stabilito con il comma 95, art. 3, Legge n. 311/04.

Tale divieto generalizzato di assunzioni di personale a tempo indeterminato imposto alle pubbliche amministrazioni per il triennio 2005-2007 dal comma 95 dell'articolo unico della finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), non riguarderebbe il personale dipendente delle Forze armate, e ciò in quanto la detta norma precisa che sono fatte salve le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle Forze armate di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 331, al decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, ed alla legge 23 agosto 2004, n. 226.

Conseguentemente, le Forze Armate non potrebbero accedere allo speciale fondo, istituito dal successivo comma 96 per finanziare, in deroga al divieto di cui al suddetto comma 95, quelle assunzioni che si rendessero necessarie per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza; pertanto i dipendenti precari delle Forze Armate non potrebbero beneficiare delle stabilizzazioni di cui al comma 519 dell'articolo unico della finanziaria 2007 (L. n. 296/2006), in quanto tale disposizione, per istituire il necessario nuovo fondo per finanziare tali stabilizzazioni, scorpora il 20% del fondo di cui al citato comma 96 della finanziaria 2005.

A ben guardare, il comma 519, articolo 1 della legge n. 296/06 prevede la c.d. stabilizzazione del personale del pubblico impiego statuendo apposito fondo, corrispondente ad una quota (20%) delle risorse di cui al precedente comma 513, e non già al c. 96, art. 3, L. 311/04 tout court; in particolare, si sottolinea che il comma 513 rifinanzia il fondo di cui al c. 96.

Ma già il comma 96 art.3, L.311/04 consisteva in un rifinanziamento del precedente fondo c.d. "in deroga al blocco delle assunzioni" stabilito dall'art. 3, comma 54, della legge n. 350 del 2003.

Il comma 55 della sessa legge stabiliva, poi, che le deroghe di cui al precedente comma – quindi le richieste di assunzione in deroga al "blocco" - erano autorizzate secondo la procedura di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni; e che nell’ambito delle procedure di autorizzazione delle assunzioni è prioritariamente considerata l’immissione in servizio degli addetti a compiti connessi alla sicurezza pubblica, al rispetto degli impegni internazionali, alla difesa nazionale, al soccorso tecnico urgente, alla prevenzione e vigilanza antincendi e alla protezione civile; con ciò autorizzando anche le Forze Armate (in particolare il Ruolo Ufficiali) all'accesso al fondo di che trattasi, come infatti è avvenuto.

A fortiori si sottolinea che in tutti i provvedimenti di Autorizzazione all'assunzione del personale nelle pubbliche amministrazioni in deroga al c.d. "blocco", per gli anni 2004-5-6 e proprio per lo stesso anno di riferimento della stabilizzazione – 2007 - (cfr: D.P.R. 25 agosto 2004, D.P.R. 6 settembre 2005, D.P.R. 28 aprile 2006, D.P.R. 29 novembre 2007), è previsto il beneficio di una parte del fondo di che trattasi in favore del personale delle FFAA.

Nonostante tanto, la "Difesa", in maniera alquanto contraddittoria, sostiene le FFAA essere sottratte al beneficio di cui alla spartizione del fondo in parola.

Invero le Forze Armate, non sono esonerate in toto dal suddetto blocco generalizzato delle assunzioni, né, di conseguenza, ad esse è precluso l'accesso al fondo di cui al comma 96 art. 1 L. 311/04.


Assunzioni connesse con la professionalizzazione

La norma infatti non fa salve tutte le assunzioni delle Forze armate, ma soltanto quelle finanziate dalla legge 14 novembre 2000, n. 331, dal decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, e dalla legge 23 agosto 2004, n. 226, ovverosia:

· per quel che attiene le FFAA, le assunzioni relative ai ruoli non direttivi e quelle del personale destinato all'inquadramento, alla formazione ed all'addestramento dell'organico da professionalizzare;

· per quel che attiene il Corpo delle Capitanerie di porto, le sole assunzioni delle categorie del ruolo truppa;

tanto, a mente della L. 331/00 e dell'art. 23, c. 3, e dell'art. 28, c. 1, L. 226/04, (come, peraltro confermato dallo stesso D.P.R.6 settembre 2005).

Infatti, la normativa relativa alla professionalizzazione di cui alla Legge 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04, prevede (in coerenza con gli oneri di cui alla tabella "A" della L. 331/00, e a decorrere dall'anno 2007, dalle tabelle "C" ed "E" di cui alla L. 226/04), per quel che attiene le Forze Armate (ad esclusione del corpo delle Capitanerie di porto):

· l'aumento di 10.450 unità del ruolo dei volontari di truppa in servizio permanente,

· il reclutamento di 30.506 volontari del medesimo ruolo in ferma prefissata,

· il mantenimento in servizio di circa 31.500 volontari di truppa in ferma breve,

Di più stabilisce che al fine di compensare il personale in formazione è computato un contingente di volontari in ferma prefissata di un anno determinato annualmente nelle misure di seguito indicate:

· 4.021 unità nell'anno 2005;

· 821 unità, in ciascuno degli anni dal 2006 al 2011;

· 749 unità, in ciascuno degli anni dal 2012 al 2020.

Infine dispone, al fine di inquadrare, formare e addestrare i volontari in ferma prefissata di un anno, un contingente di personale militare determinato annualmente nelle misure di seguito indicate:

· nell'anno 2005: 210 ufficiali, 350 marescialli, 350 sergenti, 1.743 volontari in servizio permanente;

· negli anni dal 2006 al 2007: 120 ufficiali, 200 marescialli, 200 sergenti, 996 volontari in servizio permanente;

· negli anni dal 2008 al 2020: 90 ufficiali, 150 marescialli, 150 sergenti, 747 volontari in servizio permanente.

Per quel che riguarda il Corpo delle Capitanerei di porto l'assunzione ed il mantenimento in servizio di:

· 3.500 volontari di truppa in servizio permanente del Corpo delle Capitanerie di porto,

· 1.775 volontari in ferma ovvero in rafferma del Corpo delle Capitanerie di porto,

In più al fine di compensare il personale in formazione non impiegabile in attività operative stabilisce un contingente di volontari in ferma prefissata di un anno nelle misure di seguito indicate:

· 200 unità nell'anno 2005;

· 235 unità negli anni 2006 e 2007;

· 5 unità in ciascuno degli anni dal 2008 al 2015.

Sotto tale segno la normativa sulla professionalizzazione delle Forze Armate prevede precisi fondi per l'attuazione del disposto normativo stesso (infatti, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione Italiana, ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte).

Da tanto, si precisa che gli unici oneri e relativi fondi previsti dalla detta normativa per l'assunzione del personale da professionalizzare si rinvengono nella Tabella "A" di cui alla legge 331/00 e alle Tabelle "C" ed "E" di cui alla L. 226/04; ovverosia 500.000.000 euro per le FFAA e 70.000.000 per il ruolo truppa delle Capitanerie di porto.

Tanto a fronte di una spesa pari a 9.000.000.000, per mantenere il personale delle Forze armate (escluso il Corpo CP), e di 500.000.000 per quello del Corpo delle Capitanerie.

Per quanto sopra citato, risulta di tutta evidenza che le uniche assunzioni del ruolo ufficiali connesse con la professionalizzazione delle FFAA di cui alle leggi 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04 attengono i seguenti contingenti:

a) nell'anno 2005, 210 ufficiali;

b) negli anni dal 2006 al 2007, 120 ufficiali;

c) negli anni dal 2008 al 2020, 90 ufficiali.

Per le restanti assunzioni di ufficiali delle FFAA, invece, si utilizzano gli ordinari stanziamenti inscritti nei fondi strutturali del Dicastero della Difesa, che, logicamente nulla hanno a che fare con i fondi e quindi con le assunzioni di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04.

Per quel che attiene il Corpo delle Capitanerie, invece, alcuna componente del ruolo ufficiali è legata alla formazione del personale da professionalizzare; infatti il reclutamento degli ufficiali del "Corpo" interviene grazie agli ordinari stanziamenti del Dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti.

Risulta, poi, del tutto inconferente con le assunzioni connesse con la professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04) l'inclusione, a partire dal 01.01.2006, delle dotazioni organiche del Ruolo Ufficiali delle FFAA nel decreto di cui all'art.2, c.3 del D.Lgs. 215/04.

Infatti la Legge 2 Dicembre 2004, n.299 (non già il D.lgs. 215/01) stabilisce da un lato, le dotazioni organiche del ruolo ufficiali, dall'altro, che il reclutamento del ruolo ufficiali è regolamentato secondo le disposizioni di cui all'art.60 e seg. del D.Lgs. 490/97, fino all'anno 2009, con ciò vanificando ogni tentativo di ricondurre in toto l'assunzione del personale del ruolo ufficiali delle FFAA o la determinazione organica dello stesso alla normativa sulla professionalizzazione di cui alla L.331/00, al D.Lgs. 215/01, e alla L. 226/04.

Ammesso e non concesso, poi, che la circostanza possa definirsi dirimente della connessione delle assunzioni del Ruolo Ufficiali delle FFAA con la normativa sulla professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04), comunque il Ruolo Ufficiali del Corpo delle Capitanerie di porto ne sarebbe escluso, stante la mera considerazione che l'ultimo decreto sull'organica del detto ruolo datato 9.11.2004 risulta adottato ai sensi e per gli effetti del combinato del disposto normativo di cui all'art. 1 e 60 del D.Lgs. 490/97, attinente il "Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali, a norma dell'articolo 1, comma 97, della legge 23 dicembre 1996, n. 662", pertanto altra destinata normativa del tutto inconferente con la Professionalizzazione delle FFAA.

Né la normativa sulla professionalizzazione prevede alcunché per il Ruolo Ufficiali del Corpo delle Capitanerie di porto; anzi a ben vedere la gestione del detto personale viene ex lege esclusa dallo stesso dettato normativo (cfr: art.3, c. 1, lett. a, L. 331/00, art. 1, c.1 D.Lgs. 215/01, art. 27, 28 L .226/04).

La prova di tanto si ha nel D.P.R. 6 settembre 2005, recante "autorizzazione ad assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 1, commi 95, 96 e 97 della legge 30 dicembre 2004, n. 311".

Infatti in tale anno aldilà delle 210 assunzioni di ufficiali delle FFAA connesse con la professionalizzazione si sono assunti circa 450 ufficiali delle FFAA, con i fondi per le assunzioni in deroga.

Se effettivamente fosse come sostenuto dalla Difesa, ovverosia che a far data dal 1.01.2006 tutte le assunzioni del ruolo ufficiali fossero connesse con la normativa di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04, ci si domanda come potrebbe mai essere che proprio la stessa normativa sulla professionalizzazione disponga per l'anno 2005 l'assunzione di personale che, secondo la Difesa, solo a far data dall'anno successivo avrebbe dovuto "rientrare" tra le assunzioni connesse con la professionalizzazione; ovvero anche, come sia stato possibile per il ruolo ufficiali delle FFAA attingere lo stesso anno (2005) tanto ai fondi sulla professionalizzazione tanto a quelli sulla stabilizzazione, se non in virtù di un "diversa" destinazione delle risorse!

Infatti, ammesso e non concesso – perchè è circostanza impossibile, né mai provata –, poi, che a partire dal 2006 le risorse già previste specificamente per la professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04), siano state utilizzate anche per l'assunzione del Ruolo Ufficiali delle FFAA, questo non dovrebbe significare che in quel momento le Forze armate sono state "sottratte al blocco delle assunzioni ed alla relativa deroga di cui al comma 96.

Si tratterebbe, come è evidente, di differenti risorse economiche, a cui le Forze Armate (in particolare il Ruolo Ufficiali) hanno avuto accesso alternativamente, in relazione alle proprie esigenze concrete ed alle concrete disponibilità dei relativi fondi, tutti in astratto accessibili.

Ma si ribadisce che la circostanza è del tutto irrealistica stante il fatto che le risorse messe a disposizione dalla professionalizzazione (di cui alla L. 331/00, D.Lgs. 215/01, e L. 226/04) hanno interessato il solo personale "non direttivo" delle FFAA, del quale notoriamente non fa parte il Ruolo Ufficiali; eccezion fatta per il personale assunto per la formazione, mai l'assunzione di alcun ufficiale delle Forze armate è stata garantita da alcun fondo sulla professionalizzazione, né è possibile riscontrare una simile affermazione nella normativa di che trattasi.

Ora, se già nel 2005, come del resto anche nel 2006 e addirittura nello stesso 2007 le FF.AA. sono state autorizzate ad accedere al detto fondo - per giunta proprio per le assunzioni che si vorrebbe far ricadere nella professionalizzazione, quelle che sarebbero dovute essere certamente escluse dal blocco e dal relativo fondo - non si vede per quale ragione le Forze armate non abbiano proceduto a richiedere l'autorizzazione all'accesso al fondo de quo anche per la richiesta di stabilizzazione dei propri "ufficiali precari", peraltro per far fronte a nuove ed autonome esigenze (quelle relative appunto alla stabilizzazione dei dipendenti precari), totalmente diverse, se non addirittura diametralmente opposte, a quelle sottese alla professionalizzazione.

Peraltro, si aggiunga sommessamente che, anche a voler escludere l'accesso delle FF.AA. all'originario fondo di cui al comma 96 della finanziaria 2005, si deve tener presente che, nel momento in cui la finanziaria 2007 ha scorporato il 20% del suddetto fondo, ha bloccato tale quota, mutandone la destinazione. In altri termini, quel 20% non fa più parte del fondo originario, ma costituisce un nuovo fondo, con una nuova destinazione, accessibile soltanto per finanziare le stabilizzazioni di cui al comma 519 della finanziaria 2007. Di conseguenza l'originaria destinazione del primo fondo (le assunzioni urgenti in deroga al blocco del turn over) diventa oggi del tutto irrilevante con riferimento a quel 20% che oggi costituisce un fondo nuovo, autonomo e diverso.

Con specifico riferimento agli Ufficiali, la "Difesa" afferma che le assunzioni a tempo indeterminato (rectius in S.P.E.) degli Ufficiali non potrebbero accedere al fondo di cui al comma 519, in quanto si tratterebbe di assunzioni "funzionali" alla riforma della professionalizzazione, che dunque andrebbero effettuate solo con i fondi propri della professionalizzazione, e non con i fondi del comma 519.

Tuttavia, neanche tale assunto pare condivisibile. Innanzi tutto lascia perplessi il fatto che le assunzioni a tempo indeterminato degli ufficiali delle FFAA possano essere considerate istituto giuridico connesso alla riforma della professionalizzazione, visto che già all'epoca dei fatti (1 gennaio 2007) la riforma era compiuta, in quanto legata alla contingenza dell'abolizione del servizio di leva e alla riduzione dell'organico delle FFAA a 190.000 unità, dunque fisiologicamente temporanea, pensata e realizzata per la "graduale sostituzione leva con militari di professione" (si vedano in tal senso le norme istitutive di tale riforma: legge 14 novembre 2000, n. 331, decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, legge 23 agosto 2004, n. 226).

Inoltre, anche a volere riscontrare tale rapporto funzionale, ciò non toglie che le stesse assunzioni possano essere considerate altrettanto necessarie (al pari degli omologhi colleghi dell'Arma dei Carabinieri) pure con riferimento alla stabilizzazione dei precari, e ciò proprio in base alla ratio sottesa al comma 519.

D'altronde, non bisogna dimenticare che il comma 519 disciplina non le assunzioni tout court, bensì solo quelle mirate, appunto, alla stabilizzazione dei precari. In altri termini, se l'Ufficiale "militare di professione" è pure precario, non si vede per quale ragione non possa accedere alla stabilizzazione ex art. 519.

Peraltro è solo il caso, brevemente di accennare che il c. 95, L. 311/04, non fa salve solamente le assunzioni connesse con la professionalizzazione delle FFAA di cui alle leggi L. 331/00, D.Lgs. 215/01, L. 226/04, ma pure quelle connesse con la professionalizzazione dell'Arma dei carabinieri di cui all'articolo 3, comma 70, della legge 24 dicembre 2003, n.350.

Queste ultime assunzioni, in particolare, intervengono a completamento del programma di sostituzione dei carabinieri ausiliari (di cui all’art. 21 della legge 28 dicembre 2001, n.448 e dell’articolo 34, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289), che dispone che in relazione alla necessità di procedere alla progressiva sostituzione dei carabinieri ausiliari in deroga a quanto stabilito dall’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è attivato un arruolamento di contingenti annui di carabinieri in ferma quadriennale.

Il successivo c. 96 art. 1 della L. 311/04 ha disposto, in deroga al divieto di cui al comma 95, per le amministrazioni ivi previste, apposito fondo per le assunzioni che si rendessero necessarie per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, asservendo l'autorizzazione alle modalità di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n.449, e successive modificazioni.

Ha, infine, statuito al c.96 che nell’ambito delle procedure e nei limiti di autorizzazione all’assunzione di cui al comma 97 è prioritariamente considerata l’immissione in servizio, in particolare, del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e il controllo dei confini dello Stato, e degli addetti alla difesa nazionale.

Con ciò, pertanto, da un lato, ha escluso l'accesso al fondo di che trattasi al ruolo truppa tanto delle tre FFAA quanto dell'Arma dei Carabinieri, in quanto dotati di specifico fondo per le assunzioni connesse con la professionalizzazione dello stesso ruolo; dall'altro, ha riservato al personale del Ruolo Ufficiali sia delle FFAA che dell'Arma il beneficio di cui al c. 96, art. 1, L. 311/04.

Invero la finanziaria 2007 ha voluto estendere le risorse destinate alla stabilizzazione scorporando, in aggiunta, anche una porzione del già citato fondo, distinto ed autonomo istituito proprio per la riforma della professionalizzazione.

Di conseguenza, l'accesso al fondo ex comma 96 non può essere precluso in modo generalizzato alle Forze armate, ma al contrario costituisce una risorsa finanziaria a cui anche le FF.AA. (ed in particolare il ruolo ufficiali) possono accedere.

Ciò è comprovato anche dal successivo comma 97, che prevede, proprio con riferimento alle suddette autorizzazioni in deroga al c.d. blocco del turn over, che sia "prioritariamente considerata l'immissione in servizio degli addetti a compiti di sicurezza pubblica e di difesa nazionale" - peraltro ripercorrendo quanto già disciplinato dal riportato comma 55, articolo 3, L. 350/03 -.

Nel merito è solo il caso di accennare l'evidenza della frase che coinvolge le FFAA, e non già i soli corpi di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e corpo della Guardia di Finanza); infatti, qualora il legislatore avesse voluto intendere gli appartenenti alle sole forze di polizia (tanto ad ordinamento civile quanto militare), gli sarebbe bastato citare gli addetti a compiti di sicurezza pubblica; tutto ciò, come è noto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 57 del C.P.P.

Il legislatore ha, comunque, messo a disposizione ulteriori risorse (di cui all'art. 1, c. 417, 419, L. 296/07); a fortiori nella circolare del 24 marzo 2007 del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nelle Pubbliche amministrazioni, si legge che le amministrazioni pubbliche non citate espressamente nel comma 519, in quanto sottoposte a specifiche disposizioni in materia di assunzioni ... adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto dal medesimo comma 519 in termini di requisiti e modalità di assunzione, tenendo conto delle relative peculiarità e nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio.

Di più si sottolinea che la procedura di cui alla stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione, prevede altresì (cfr: c. 526, art.1, L. 296/06) che tale procedimento si debba necessariamente estendere ai successivi due anni (2008, 2009); in questo caso, però le assunzioni devono essere garantite dai fondi strutturali del singolo Dicastero, come testimoniato dallo stesso D.p.c.m. 06.08.2008, che ha stabilito le assunzioni a tempo indeterminato di che trattasi con i fondi del singolo Ministero; con ciò legittimando l'ultroneità di riferimento al fondo di cui all'art. 1, c. 96, L. 311/04.

In tal senso è solo il caso di ricordare quanto espresso nel parere del Capo Ufficio Legislativo del Ministero per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, Avv. Danilo DEL GAIZO, datato 05.12.2006 si legge: "...per le assunzioni in deroga autorizzate sempre per l'anno 2007 è, infine, considerata prioritaria l'immissione in servizio, tra gli altri, degli addetti al personale della difesa nazionale.

mercoledì 19 aprile 2017

IL MINISTERO DELLA DIFESA STUDIA UN PIANO PER STABILIZZARE I FUTURI PRECARI DELLE FORZE ARMATE. MA LA CORTE EUROPEA...

15/04/17 
Ci sarà un lavoro a tempo indeterminato per i precari delle forze armate. Il Consiglio dei ministri ha recentemente approvato un disegno di legge delega, presentato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, che sigla la riorganizzazione del comparto Difesa che attualmente è composto dall’80 per cento circa di professionisti e del 20 per cento da volontari a ferma prefissata.
Restano in vita però alcune deleghe, che il governo dovrà stabilire se portare a termine e tra cui spicca la possibilità che entro il 2024, si raggiunga la quota di un 40 per cento di militari volontari a tempo determinato i quali ultimata la ferma di sette anni, saranno accompagnati in un percorso di inserimento nel mondo del lavoro..
L'articolo 9 del ddl stabilisce infatti che si predisponga la realizzazione "di un sistema normativo organico inteso ad agevolare il reinserimento nel mondo del lavoro del personale militare, organizzato secondo criteri di tutela crescente e comprensivo di misure differenziate in ragione della destinazione all'impiego pubblico o privato, mediante interventi di razionalizzazione o miglioramento delle disposizioni vigenti". Vengono inoltre introdotte agevolazioni come “l'indennità di congedo (già presente per i volontari di qualche tempo fa) e ulteriori strumenti consistenti nella formazione professionale indirizzata al reinserimento attraverso la costruzione di uno specifico curriculum professionale militare e la realizzazione di un registro informatico delle capacità acquisite durante il servizio, diretto a favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro”.
Il ministro Pinotti seguendo le indicazioni del Libro bianco sulla Difesa ha concordato con gli Stati Maggiori delle Forze Amate di creare un modello di difesa con personale fatto da professionisti per un 60 per cento mentre un 40 per cento sarà riservato ai volontari che dopo sette anni di servizio dovranno poi ricollocarsi nel mondo del lavoro civile con il sostegno dello Stato.
Questo significa che circa 60mila volontari in ferma prefissata (VFP) che da oggi fino al 2024, si arruoleranno nelle Forze Armate, dopo il congedo dovranno essere inseriti in un percorso agevolato per ottenere un lavoro a tempo indeterminato. In ipotesi potrebbero esserci il mondo della formazione e le industrie del comparto Difesa . Noi potremmo suggerire di considerare non solo i corpi di Polizia statali ma anche quelli locali che spesso hanno personale che non proviene da formazione di tipo militare.
La politica però ha disatteso di fatto le sentenze della Corte europea del Lussemburgo che con due provvedimenti coordinati, bocciano la legislazione italiana sull’abuso dei contratti flessibili nella PA, che coinvolge 133 mila dipendenti della scuola, 30 mila della sanità e 70-80 mila tra Regioni ed Enti locali e anche il dimenticato personale militare e civile della Difesa, in quanto in palese contrasto con la direttiva 1999/70/CE. Infatti i rapporti a tempo determinato non possono essere un problema che grava unicamente sui lavoratori, in quanto il danno non è risarcibile, e quindi vanno assunti dallo Stato in quanto datore di lavoro che deve rispettare le regole comunitarie. Si tratta di due sentenze che indicano chiaramente allo Stato italiano la necessità impellente di rivedere le norme e la prassi in materia.
Se l’Italia dunque non rispetta le norme comunitarie sui dipendenti pubblici a tempo determinato, allora deve prepararsi ad assumere intanto i 250mila precari con contratti a termine che operano nella pubblica amministrazione (sulla base di una stima fornita dal ministro della Pubblica amministrazione e semplificazione, Gianpiero D'Alia, nel corso di un’audizione alla Camera), di cui circa 133 mila nella scuola, 30 mila nella sanità e 70 - 80 mila tra Regioni ed Enti locali, mentre mancano all’appello i precari militari e civili del comparto Difesa.
Il Ministero della Difesa dovrebbe pertanto ripensare il suo modello sulla base di queste nuove sentenze europee senza però dimenticare i suoi attuali precari a cui non ha dato ad oggi una chiara destinazione, considerando che da parecchi anni continua a servirsi di militari della categoria VFP1 e VFP4 che possono raggiungere con rafferme successive da 3 a oltre 7 anni di servizio, nonché di ufficiali appartenenti alle Forze di completamento (provenienti dai corsi di complemento svolti dopo una selezione a concorso pubblico) e di cui fanno pure parte quelli ammessi alla Riserva selezionata (che invece sono cittadini italiani nominati direttamente nel grado in applicazione della legge Marconi). Entrambi sono impiegati in servizio a tempo determinato in forza delle loro professionalità non reperibile nell’ambito dell’organico di F.A. coprendo una serie di esigenze tecnico professionali “da esperti” a vantaggio del funzionamento dell’Amm.ne Difesa e con un risparmio di risorse finanziarie considerevoli. Ad oggi sono in servizio un numero limitato di ufficiali che ha superato di gran lunga i tre anni di servizio o che si appresta a raggiungerli a breve. Questo personale in particolare svolge servizio in più periodi infra annuali patendo uno stato di disagio enorme connesso a questo status particolare.
ADESSO PERO’ SI DEVE PRENDERE ATTO CHE ESISTE UNA SITUAZIONE CHE RIVELA LA MATURAZIONE DI UN DIRITTO A MANTENERE UN IMPIEGO STABILE CON L’AMMINISTRAZIONE DIFESA.
Da questa condizione il Ministero della Difesa deve prendere atto che è necessario predisporre un piano di stabilizzazioni che in esecuzione delle sentenze europee, provveda a eliminare, in fase di riordino, queste sacche di precariato ammettendole al diritto per la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Tale operazione prima ancora che in applicazione delle sentenze europee, deve essere inquadrata soprattutto come un vantaggio dell’Amministrazione Difesa per il raggiungimento delle proprie finalità, grazie all’utilizzo non solo di personale che ha svolto formazione militare con corsi e brevetti di particolare interesse, ma soprattutto di competenze professionali specialistiche che non essendo reperibili all’interno degli organici, comportano un risparmio di risorse finanziarie in relazione ai costi di mercato a cui si dovrebbe fare ricorso. L’azione di stabilizzazione dovrebbe operare in via principale nei confronti di quel personale che al di fuori dell’impiego nella F.A. non ha un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con nessun datore di lavoro. Questo sarà possibile o con una conversione diretta del rapporto di lavoro per il transito nel servizio permanente, ovvero tramite concorso a titoli, onde evitare che di fronte ai diritti maturati dagli interessati l’ Amministrazione Difesa possa essere chiamata ad affrontare un contenzioso di grande onere complessivo.
Storicamente, un decennio fa solo gli ufficiali dei Carabinieri che avevano svolto almeno tre anni di servizio vennero stabilizzati in quanto considerati come forza di polizia.
Intanto ufficiali e militari delle Forze Armate Italiane a tempo determinato continuano con la massima dedizione e passione a prestare servizio per il loro Paese nella speranza che qualcuno si ricordi del loro impegno e delle loro speranze considerato che le sentenze europee valgono anche in Italia.

venerdì 4 maggio 2012

Difesa, tagli al personale.Trentamila uomini in meno in dieci anni

La Spezia - Il Ministro della Difesa Di Paola ha presentato oggi a Roma, alla Rappresentanza Militari, il disegno di legge delega per la revisione dello strumento militare. Una riduzione complessiva di 32mila uomini da attuarsi in poco più di un decennio che porterà le Forze Armate dagli attuali 182mila effettivi a 150mila entro il 2024. Una riduzione che interesserà, evidentemente, anche i marinai della base spezzina. 
La formula con cui verranno ridotti gli equipaggi sarà “l’aspettativa per riduzione quadri” (ARQ), che in pratica potrebbe anticipare l’uscita dei militari dai tre ai cinque anni prima, rispetto ai limiti di età previsti per la pensione. Inoltre una parte di personale più giovane, circa 2500 militari su tutto il territorio nazionale potrebbero essere ricollocati, in un decennio, come personale civile della Difesa da impiegare negli arsenali.
La rappresentanza militare ha espresso al Ministro forti perplessità sia sulle modalità di uscita del personale, sia sul fatto che la drastica riduzione di giovani militari volontari, in ingresso nelle Forze Armate potrebbe riacutizzare il fenomeno del precariato militare.


FONTE

martedì 10 aprile 2012

ROMA: UGL, CON POLIZIA DI STATO PER ASSUNZIONE PRECARI

(AGENPARL) - Roma, 10 apr - Domani 11 aprile, a partire dalle ore 9.00, l’Ugl Polizia di Stato manifesterà in Piazza Montecitorio per esigere che 1.700 giovani vincitori di concorso per la Polizia, attualmente impiegati come militari in attesa di assunzione, vengano immediatamente inquadrati nei ruoli della Polizia di Stato. Sarà presente il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella. Per il segretario generale dell’Ugl Polizia di Stato, Valter Mazzetti, “molti di questi giovani, inviati in scenari di guerra, rischiano di perdere i requisiti psico-fisici necessari all’assunzione e, quindi, di dover rinunciare definitivamente, allo scadere dei 4 anni da VFP4, ad ogni speranza di entrare in Polizia”. “E’ paradossale che 1.700 giovani già vincitori di concorso non vengano assunti in Polizia - continua il sindacalista – mentre il ministro della Difesa sta predisponendo un gravoso piano che prevede l’esubero forzato di 30.000 militari dalle Forze Armate. E lo è ancora di più se si osservano i dati sulla pesante carenza di organico nella Polizia di Stato: a fronte delle circa 110.000 unità previste, oggi i poliziotti in servizio sono solo 95.850, con una carenza di quasi 15.000 unità”. “Se a ciò si aggiunge che l’età media è molto alta per questo tipo di attività (oltre 43 anni) ed in continua crescita, - conclude Mazzetti - si capisce quanto l’assunzione di questi giovani vincitori di concorso costituisca una risorsa importante sia per la sicurezza della nazione sia per dare un’indispensabile boccata d’ossigeno ai tanti poliziotti che sono quotidianamente impegnati per garantire la convivenza civile e la democrazia nel nostro Paese”.

mercoledì 28 dicembre 2011

Difesa: il ministro Di Paola incontra il Cocer

Roma, 15 dic - (di Antonello Ciavarelli)
Il 13 dicembre si è svolto, presso la sede del Gabinetto della Difesa, il primo confronto del nuovo Ministro della Difesa Ammiraglio Di Paola con il "suo" Cocer. Anche questa volta ha confermato il suo senso pratico. Ha esordito dicendo di conoscere bene i problemi attuali del personale e di conoscere molto bene e personalmente i delegati che erano lì presenti. Inoltre, sempre il Ministro, ha riferito di aver ascoltato attentamente quanto è stato espresso dai COCER durante l’incontro a palazzo Chigi domenica 4 dicembre, in occasione della presentazione della manovra economica. Anche per questo motivo, ci ha portati diritti al cuore dei problemi. Ha espresso la sua ferma intenzione di procedere ad una riduzione del personale, al fine dei risparmi e della rimodulazione del sistema della Difesa. In tal senso si augura una collaborazione del COCER. Inoltre, ha detto di ritenere l’aspetto delle pensioni di primaria rilevanza.

Il Presidente Rossi dopo i saluti ed i ringraziamenti di rito ha esposto in particolare, tra l’altro, i problemi riguardanti le pensioni. Nello specifico, ha spiegato che la norma di armonizzazione del decreto “salva Italia” con il Comparto, non menziona il Ministro della Difesa e ne tanto meno la partecipazione del COCER. È stata richiesta l’applicazione del ruolo negoziale, menzionata dalla legge chiamata sulla specificità. È stato trattato l’argomento della riduzione del personale e degli aspetti connessi all’applicazione del cosiddetto decreto una tantum, che andrebbe a salvaguardare le promozioni e le anzianità dei militari. A questo intervento ha fatto eco quello dei presidenti. In particolare il presidente Vicario dei Carabinieri ha sottolineato la questione delle cause di servizio ed il colonnello Bottacchiari (AM) ha ripercorso le suddette tematiche con l’incisività che lo contraddistingue. Il Presidente della Marina nel condividere quanto espresso dal presidente Interforze, ha auspicato delle chiare spiegazioni da parte del Ministro su quanto detto e il Generale Bartoloni della Guardia di Finanza, tra l’altro, ha auspicato che si proceda speditamente al riconoscimento di un “ruolo contrattuale”.

A seguire sono intervenuti anche i Sottufficiali della Guardia di Finanza e dell’Aeronautica (Sinisi e Chinè). Questi ultimi tra l’altro si sono soffermati sull’importanza della valorizzazione degli esuberi, in modo da evitare di appaltare a costose ditte esterne i lavori che le professionalità dei tanti militari possono affrontare. Inoltre è stata richiamata l’attenzione su gli aspetti “populistici”, che possono nascere fra i militari, come conseguenze di un esasperato razionalismo del sistema che si riflette sulla loro condizione militare.
Personalmente ho evidenziato che, contestualmente all’intenzione di ridurre il personale, è necessaria una chiarezza nei modi e metodi con cui si affronterà la riduzione. “Quest’ultima si considererà connessa ad una sorta di prepensionamento? Se così fosse, non contrasterebbe l’orientamento generale di posticipare l’età pensionistica? Oppure, a questo fine si terrà in considerazione il blocco degli arruolamenti e dei transiti in servizio permanente? In un modo o nell’altro non ci potrebbero essere dei riflessi sul personale sia su quello anziano e sia su quello giovane e precario?

In previsione del prossimo D.P.R. che affronterà la delicata materia delle pensioni, si presenta quanto mai urgente l’applicazione del ruolo negoziale. Infine un altro aspetto da considerare nell’ambito dei numeri del personale è la carenza di personale nel Corpo della Guardia Costiera. A parte la sottolineatura dei noti problemi vissuti dal personale sulla sua tutela e il mancato pieno riconoscimento dell’attività di polizia di fatto svolta, una ipotesi per aumentare il personale è quello di trasferire gli esuberi delle Forze Armate nella Guardia Costiera. Anche se anziani, ad esempio, i marescialli esperti in telecomunicazione potrebbero trovare sbocco in sale operative, il personale amministrativo occuparsi delle questioni logistiche, i motoristi navali avrebbero un riconoscimento professionale come direttori di macchina in importanti pattugliatori d’altura, ecc. ecc..
Un aspetto sicuramente positivo, è la grande disponibilità all’ascolto confermata dall’ammiraglio Di Paola anche nella veste di Ministro. In modo credibile ha confermato che delegherà il Sottosegretario Magri a curare i nostri bisogni e che lui sarà sempre e comunque presente. Ha comunque assicurato che nel ridimensionamento, “non lascerà nessuno a terra”.

Sono delle importanti opportunità che vengono date al personale. Vista la sua viva intelligenza, sicuramente, se alcuni aspetti continueranno ad essere esposti con altrettanta intelligenza, il Ministro Di Paola non potrà che tenerli in considerazione.

È sicuramente uno stimolo in più per un ulteriore impegno e responsabilità per la rappresentanza militare tutta.

Crisi e sicurezza, il precariato colpisce anche la polizia

Non si placa la protesta dei 720 ragazzi vincitori dell’ultimo concorso per allievi agenti della Polizia di Stato (tra loro anche alcuni parmigiani), che ancora attendono la notifica per essere “parcheggiati” , con contratto precario di 4 anni, nelle forze armate e poi essere incorporati nella Polizia di Stato, a differenza dei vincitori della prima aliquota che il prossimo 30 Dicembre inizieranno il loro corso di formazione.
“Oltre il danno anche la beffa – spiega il Comitato Concorsi Polizia di Stato – Il Ministero dell’Interno invece di assumere questi ragazzi e gli altri 780 vincitori dei due precedenti concorsi, ha ben pensato di bandirne uno nuovo per 2800 posti (vista la carenza di personale) assumendo così in breve tempo 2654 unità”.

I 1500 vincitori (degli ultimi tre concorsi) dati in prestito alle varie Forze Armate si chiedono: se c’è tanto bisogno di sicurezza non risulterebbe più logico e coerente assumere i precari, e soltanto successivamente bandire un nuovo concorso per i restanti 1300 posti???
Le Istituzioni vogliono, far assopire l’entusiasmo che anima questi ragazzi e dotarsi tra 4 anni di personale ormai “vecchio” e già spremuto dalle forze armate.

“Questi 1500 ragazzi sono pronti a servire lo Stato, a difendere la loro Patria, a realizzare così un grande sogno ma sono pronti a farlo adesso nel pieno della loro vita in un mondo in cui ormai ideali e valori stanno per dissolversi. Qualche onorevole e il sindacato Ugl, hanno cercato di capire, anche tramite interrogazioni parlamentari, i motivi di queste decisioni, ma le istituzioni nonostante tutto questo tacciono”.
Nell’attesa, che qualcosa si smuova, i 1500 ragazzi hanno formato un comitato di controllo e cooperazione, che valuterà se si dovrà adire per vie legali”.

venerdì 9 dicembre 2011

1500 ragazzi, vincitori di concorso per allievi agenti della Polizia, hanno un contratto precario

"Pur essendo in prestito alle forze armate, non abbiamo nessuna tutela da parte del Ministero dell' Interno, e lo status militare che abbiamo ci impone una serie di doveri e nessun diritto"

Buon giorno, Vi scrivo qui di seguito la storia di circa 1500 ragazzi che hanno scelto di servire lo Stato e lo Stato li ripaga con ingiustizie e discrminazioni. Inoltre in questo triste momento dove il governo chiede sacrifici da ogni onesto cittadino si permettono di sprecare i soldi dei contribuenti come di seguito è specificato.
Nella speranza che Voi possiate dare voce a questa ingiusta situazione per iniziare un cammino di informazione generale cortesemente ringrazio e saluto.


Attualmente 1500 ragazzi, vincitori di concorso per allievi agenti della Polizia di Stato, parcheggiati e tenuti con la forza con contratto precario nelle forze armate. I concorsi in riferimento dei 1500 poliziotti precari sono tre: 1507 (anno 2006) 907 (anno 2008) 1600 (anno 2010), per un articolo del 2004 (art. 16), sono “parcheggiati” nelle forze armate in qualità di volontari in ferma prefissata quadriennale "VFP4". L’art. 16 della legge 23 agosto 2004, n. 226 prevede che la graduatoria di merito dei vincitori di concorso si suddivida in due aliquote: 55% immessi direttamente al ruolo degli allievi agenti della polizia di stato e il restante 45% dovrà prima svolgere il servizio del vfp4 prima menzionato.La nostra indignazione è data dal fatto che questo articolo è stato applicato solo per i concorsi 1507 e 907 e solo mensionato per i concorsi seguenti da 1600 e da 2800 uscito da pochi giorni. Nel concorso 1600 si è passati da 55% al 72% per il passaggio diretto in polizia e nel nell'ultimo concorso di circa 2800 persone, 2600 circa entreranno diretti e meno di 200 entreranno nella 2° aliquota. Il sistema delle assunzioni in 2 aliquote e stato integrato in tutti i concorsi delle forze dell'ordine, ma una cosa curiosa che si è verificata e l'abolizione della 2° aliquota per la polizia penitenziaria, causa caranza di esigenza di personale.
Altro fatto curioso, è il ritardo della chiamata per le partenze dall'uscita delle graduatoria, il ritardo citato, va da quasi due anni per il concorso 1507 2° aliquota e di circa un'anno per il concorso 907 2° aliquota; tale ritardo a portato oltre un danno economico e contributivo, un ritardo ai fini di carriera, perchè i colleghi della 1° aliquota oltre a essere effettivi, stanno avendo una carriera lineare e una PERDITA DI CHANCE...non riuscendo a capire il motivo del decreto per la parificazione per l'anno perso che i carabinieri sono riusciti a fare e per noi non vogliono (Tutto documentabile). Ancor più scalpore oltre la discriminazione nei nostri confronti è stata la mancanza di interessamento per le interrogazioni parlamentari sollevate dall' On.le Paladini (IDV) e le richieste dell Ugl Polizia di Stato, di cui in totale sono 6 e ormai da circa sei mesi attendiamo una risposta almeno a una di queste (anchessi documentabile).
Lo Stato continua a stanziare nuovi fondi per nuovi concorsi data la carenza di personale quando avrebbe 1500 ragazzi vincitori; aprendo una parentesi su questo punto, ricordo che i fondi per le nostre assunzioni si trovavano nel DPCM 2010 (una somma che copriva 2000 assunzioni) di cui 1000 sono stati utilizzati per assumere 80 commissari e circa 920 VFB vincotori e NON, riaprendo una graduatoria di un concorso che era stato chiuso (tale personale staca passando in servizio permanente nelle forze armate e ha tolto posti a cente con contratto precario) e la somma delle restanti 1000 assunzioni era stato BLOCCATO. Motivo di questi blocchi e stato (dicono) che il Ministero della Difesa non puo privarsi di risorse (noi poliziotti precari nelle forze armate) perchè le caserme si svuotano, ma lasciano partire in polizia chi in meno di un'anno puo' passare in servizio permanente nelle forze armate Basterebbe fare un decreto a doc, come hanno fatto con i carabinieri, per trovarci in meno di un mese alle scuole di polizia, facendo risparmiare fondi allo stato e garandendo SICUREZZA REALE.
Va detto inoltre che pur essendo in prestito alle forze armate, non abbiamo nessuna tutela da parte del Ministero dell' Interno, e lo status militare che abbiamo ci impone una serie di doveri e nessun diritto, considerando che in caso la polizia ritarda la chiamata, la forza armata ti conceda e ti manda a casa a fine dei 4 anni di contratto e non abbiamo neanche la certezza che in caso di causa di servizio la polizia prendera in ragazzo che non per sua scelta si trova a fare il non poliziotto...va detto anche che ci obbligano a fare le missioni all'estero, pur avendo idonetà fisica in polizia e ritornando al discorso precedente, se ci si fa male, entrambe i ministeri se ne lavano le mani nel voler assumere a tempo indeterminato. Questo perché essendo solo in prestito alle forze armate ogni cosa fatta da noi non viene poi riconosciuta al momento del transito, nemmeno l'anzianità di servizio, per essere parificati alla 1° aliquota che in questo momento a possibilita di carriera come avanzamento e incarichi.
Oltre questo lo stipendio è diverso, pià di 500 euro di differenza,non abbiamo diritto alla 13 mensilità e sulla busta paga, è specificato il nostro precariato, pur avendo partecipato a un concorso per allievi agenti di polizia effettivi. Come se non bastasse come ennesimo spreco di denaro o stato effettua un servizio sul territorio nazionale chiamato "strade sicure" dove mette i militari sulle strade affiancati a polizia e carabinieri (già di per se questa cosa è assurda). I soldati in questione non hanno funzioni di polizia giudiziaria quindi si limitano a segnalare al capo posto (carabiniere o poliziotto) ilreato senza poter in alcun modo intervenire senza autorizzazione, come del resto è nel dovere di ogni cittadino fare. Questo scherzo costa piu o meno una trasferta di 600 euro al mese in più per ogni singolo militare (un militare impiegato in stade sicure percepisce cierca 1600 euro al mese mentre un poliziotto pur facendo lo stesso ne percepisce 1300 euro; aggiungo che in caso di trasferta le personale militare, pernotto e pasti vengono finanziati dal Ministero dell'Interno. Per non parlare di un VSP (volontario in servizio permanente) o un sottufficiale come un sergente che come stipendio di base prende dai 1300 ai 1400 euro, aggiungendoci la trasferta di forse piu di 600 euro è presto fatto il calcolo e lo spreco di soldi.
Tutto ciò sarebbe "normale" se non fosse che questi soldi non li stanzia il ministero della difesa ma il ministero dell interno che si puo permettere di prestare piu di mille uomini alla difesa (che ne ha cosi bisogno che li puo impiegare in questo modo) che poi li usa per fare ordine pubblico per le strade che vengono pagati di più e posso fare meno! Oltre a non aver nessuna logica ecco a voi l'ennesimo spreco di denaro pubblico da parte dello Stato! Per non parlare delle maserati comprate da La Russa, e poi ci vengono a dire che non possiamo essere svincolati e quindi sono costretti a fare altri concorsi, perche se ci cedono mandano via delle RISORSE...stanno giocando con le vite di 1500 poliziotti precari, questo però non lo dicono mai!

martedì 15 novembre 2011

Maxicase e Maserati blindate. Tutti i benefit della casta militare

In un apparato che dà lavoro a 190mila persone, i graduati - ufficiali e sottufficiali - sono 98mila: le nostre forze armate sono composte più da comandanti che da comandati. Ma è nel giro degli ufficiali di alto rango che le spese si impennano, con alloggi fino a seicento metri quadri, servizi domestici all-inclusive, auto griffate.

Precari in marcia. In tempo di crisi sono in tanti a ragionare di tagli. Perché, a fronte di chi va a rischiare la vita su scenari di guerra delicati con un’indennità di rischio che nella migliore delle ipotesi può solo raddoppiare lo stipendio, c’è un contingente di retroguardia che è diventato una fabbrica di illusioni. Abolita la leva obbligatoria, nelle forze armate hanno fatto ingresso volontari che restano in servizio da uno a quattro anni, al termine dei quali dovrebbero rimanere nei ranghi o passare ad altri corpi con una corsia preferenziale. Nonostante i cospicui investimenti sulla loro formazione, il 75 per cento rimane fuori e lo Stato deve procedere a nuovi reclutamenti. Per fortuna, dicono gli esperti, non c’è una crisi di vocazione, soprattutto al Sud dove è forte la fame di lavoro. Al punto da determinare, ad esempio, una mutazione genetica del corpo degli alpini, che fino a qualche anno fa era composto quasi esclusivamente da “padani” e che oggi per il 70 per cento è costituito da meridionali. Curiosità che può far sorridere. Ma un fatto è certo: la vita da caserma tira ancora. Come dimostrano i dati del 2009: 16.300 posti a concorso per la ferma annuale, 70.444 domande. E per i 5.992 posti di ferma quadriennale, i concorrenti furono 24.339. Voci in netta controtendenza rispetto agli anni precedenti. Con questi numeri, si sentiva l’esigenza di una costosa campagna di avvicinamento all’esercito?

La mini naja. Eppure il governo, l’anno scorso, ha deciso di varare la mini-naja: inizialmente un progetto che prevedeva solo tre settimane di campus addestrativo riservato a 1.500 giovanissimi. Ma nel 2011 sono stati pubblicati già tre bandi da 2.500 posti. L’iniziativa ha avuto successo e andava incentivata, ha detto orgoglioso La Russa. Ma c’è chi sospetta che dietro l’operazione ci siano soprattutto motivi promozionali. È l’interrogativo sollevato dai Verdi ma anche dal sindacato autonomo di polizia Sap, che puntano l’indice su una spesa da 19,8 milioni di euro nel triennio 2010-2012. L’austerity avrebbe forse dovvuto consigliare una destinazione diversa dei fondi. Soprattutto in un paese che, specialmente ai vertici della sua struttura militare, continua ad avere un’organizzazione ponderosa, nonostante le recenti riforme. La fondazione Icsa, di cui è presidente Marco Minniti, nell’ultimo rapporto annuale firmato da Andrea Nativi si spinge oltre confini poco esplorati sinora. E attacca la proliferazione degli organismi di comando: oggi, scrive, "ci sono di fatto cinque stati maggiori, senza contare l’enorme staff del ministro la cui organizzazione è stata oggetto di una recente riforma che tutto ha fatto tranne ridurne la consistenza a livelli di sobrietà che sarebbero indispensabili. Occorre rivedere compiti, responsabilità e piani organici. Intervenire non con le forbici ma con la mannaia". Ma quali sono le sacche di privilegio che resistono nelle alte gerarchie militari?

Stellette d’oro. Fra gli ufficiali di rango elevato il turn-over è praticamente inesistente, con una progressione di carriera garantita dall’anzianità più che dal merito e con benefit inattaccabili: come gli alloggi riservati, fino a 600 metri quadrati di superficie, per 44 fra generali e ammiragli che possono beneficiare di servizio all-inclusive, comprensivo di battitura di tappeti e lucidatura dell’argenteria. Lo Stato, in pratica, paga pure la colf. Spesa: tre milioni e mezzo l’anno. Per sei di loro pure un’indennità speciale da 409mila euro dopo il pensionamento. Un beneficio, quest’ultimo, che spetta al capo di stato maggiore della difesa, ai tre capi di stato maggiore delle forze armate, al segretario generale della difesa e al comandante generale dell’arma dei carabinieri. Lo Stato si garantisce inoltre la possibilità di una chiamata in servizio di ufficiali e sottufficiali fino a cinque anni dopo il pensionamento. Un’opzione retribuita con regolare compenso, a prescindere dall’effettivo impiego dei beneficiari. E l’eventuale apporto ausiliario - evidentemente non tanto eventuale - costa 326 milioni di euro. Senza considerare che molti degli ufficiali di punta in congedo transitano poi negli enti statali che si occupano di armamenti: da Finmeccanica all’Augusta, dalla Selex all’Oto Melara. C’è un’oligarchia militare tuttora ossequiata e ben remunerata. Che viaggia anche comoda. Sfidando il periodo di ristrettezze, la Difesa si è recentemente dotata di 19 Maserati blindate da 100mila euro (l’una). Costose sì, ma secondo i vertici del ministero "sempre meno delle Audi 6 che erano prima in dotazione". E poi, ha sottolineato La Russa, "si tratta pur sempre di macchine italiane...".

venerdì 28 ottobre 2011

Il mistero dei troppi ricorsi militari respinti

Si è appreso ufficialmente solo di recente, ma l’avvocato Giorgio Carta, ufficiale in congedo dell’Arma, aveva da tempo presentato una denuncia penale alla Procura della Repubblica di Roma chiedendo di fare luce sull’abnorme numero di ricorsi al TAR respinti allorché erano proposti contro il Ministero della Difesa.

Una situazione, questa, nota davvero a tutti: militari, avvocati e stati maggiori. Non a caso, nel corso dell’audizione del 4 novembre 2009 dinnanzi alla quarta commissione difesa del Senato, il direttore generale per il personale militare della Difesa, Mario Roggio, aveva addirittura potuto vantarsi che solo il 5 per cento dei ricorsi intentati contro il Ministero avevano esito positivo per i militari ricorrenti.

Ritenere, però, che il 95 per cento dei ricorsi sia davvero infondato è palesemente improbabile, specie se si considera che molti dei ricorsi accolti riguardano semplici accessi agli atti e silenzi dell’Amministrazione, nei quali è quasi impossibile dare torto ai ricorrenti.

Pertanto, l’avvocato Carta aveva voluto vederci chiaro e aveva denunciato tutto all’autorità giudiziaria penale di piazzale Clodio (n. 69370/09 R.G.).
La Procura della Repubblica di Roma, però, ha chiesto l’archiviazione che, nonostante l’opposizione del legale, è stata effettivamente disposta dal GUP di Roma, lo scorso 28 giugno (n. 16080/10 R.G.G.I.P.), adducendo la genericità delle accuse mosse ai giudici.

«Ciò che sconcerta – riferisce l’avvocato – non è tanto l’esito della denuncia, ma la circostanza che la Procura romana non abbia ritenuto di ascoltare nessuno dei 15 testimoni indicati, tutti militari, forze dell’ordine e avvocati che si occupano di diritto militare. Il fascicolo delle indagini, dopo sei mesi, constava solo di un foglio. Non solo: la mia istanza di accertamenti era specificamente rivolta verso quattro giudici, ma l’indagine – si fa per dire - è stata protocollata come “contro ignoti”».

«La battuta di arresto non mi scoraggia. Anzi, sono ancora più determinato a vederci chiaro, raccogliendo nuovi elementi di prova e nuovi testimoni. A tal fine, chiedo di contattarmi a chiunque abbia notizia di documenti e di fatti utili ad istruire una nuova, più incalzante, denuncia. La mia battaglia è solo all’inizio e molti sono i colleghi avvocati che mi hanno assicurato il loro appoggio e che hanno deciso di dire basta ad uno stato di cose che, da tempo, alimenta il malessere tra i più fedeli servitori dello Stato, cioè Carabinieri e Forze Armate in genere».

mercoledì 14 settembre 2011

Dalla prefettura della Spezia a Montecitorio, la protesta dei Vigili del fuoco

Percorreranno tutta l'Aurelia fino a Roma per protestare contro i tagli, gli sprechi e il precariato del Corpo.


La Spezia. Sta facendo tappa alla Spezia, con un sit in di protesta sotto la Prefettura, la staffetta di Vigili del fuoco, guidata da Antonio Brizzi, segretario generale Conapo, che, con una grossa croce sulla spalla, come recita la preghiera di Santa Barbara loro protettrice, arriverà fino a Roma a Montecitorio per protestare contro gli sprechi e la situazione precaria in cui verte l'intero corpo nazionale dei Vigili del fuoco.
Provengono da tutta Italia e dopo essere partiti ieri da Aulla, sono decisi a raggiungere a piedi Roma, percorrendo tutta la Via Aurelia fino alla sede della camera dei Deputati e del Governo, dove sperano in un incontro chiarificatore con il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Le motivazioni per protestare sono tante, a comiciare dalla situazione in cui versa il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, ridotto al collasso dopo le ultime manovre ed i tagli. "Non è raro oggi vedere famiglie di Vigili del fuoco iscritte nell'elenco dei meno abbienti del loro Comune, - comemnta Antonio Brizzi, segretario generale Conapo, il sindacato autonomo dei Vigili del fuoco - il tutto aggravato da trattamenti retributivi, previdenziali e di carriera di gran lunga inferiori rispetto agli altri corpi dello stato e da pagamenti arretrati di straordinario che non arrivano mai. Il disastro di Giampilieri, a Messina, così come tutte le calamità accadute ne sono l'esempio, con i Vigili del fuoco che hanno retto le sorti della nazione con il loro lavoro e che aspettano ancora di vedersi pagati, a distanza di anni, gli straordinari e le indennità. Vi è poi un personale chiamato sulla carta 'volontario', ma che nella realtà è vero e proprio precariato regolarmente retribuito. Il fenomeno è così diffuso al punto da contare 4000 precari costantemente richiamati per le necessità operative e le carenze di organico dei Vigili del fuoco con una spesa complessiva di 100milioni di euro l'anno. Con lo stesso impegno annuo si potrebbero assumere 3000 Vigili del fuoco permanenti, invece i dirigenti continuano ad effettuare nuovi corsi di formazione per precari, con tutte le spese che ne derivano". Per far luce sugli sprechi, nel 2010 il Conapo aveva commissionato alla facoltà di Economia dell'Università del Salento uno studio sull'efficienza, efficacia ed economicità del volontariato nel Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco. Lo studio ha rivelato come io volontariato non può essere valutato solo sotto il profilo monetario della spesa, ma va comparato con indicatori di efficienza ed efficacia gestionale e sociale. “Ad un anno e mezzo dalla pubblicazione di questo studio – continua Brizzi – non abbiamo notizie che il Dipartimento dei Vigili del fuoco, nonostante le ripetute sollecitazioni del Conapo, abbia portato a termine questa analisi mediante gli indicatori proposti. A tutto questo si aggiungono i tagli imposti dalle manovre che, oltre al blocco delle retribuzioni, impongono un trattenimento in servizio per un ulteriore anno prima di concedere la pensione (finestra mobile), senza contare che a quell'età i Vigili del fuoco che sono operativi rischiano di fare male a sé stessi e agli altri. Per non parlare poi delle carriere bloccate e dei concorsi interni annullati”. Ecco quindi cosa chiedono i Vigili del fuoco: l'inserimento del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco nell'articolo 16 comma 2 della legge 127/81 e applicazione del meccanismo di perequazione retributiva previsto dall'art.43, il riconoscimento dai 13 ai 23 anni per i direttivi e dirigenti e l'inserimento nel Comparto Sicurezza Nazionale, come le forze di polizia. Rivoluzione del grave problema dei passaggi di qualifica e richiesta di provvedimenti legislativi immediati di riordino delle carriere e sanatoria e ruoli ad esaurimento sul modello attuato per le forze di polizia. Richiesta di estensione del computo dei servizi operativi ai fini pensionistici e aumento di un anno di servizio ogni cinque, richiesta di estensione dei trattamenti economici aggiuntivi per infermità dipendenti da cause di servizio e richiesta della maggiorazione a base pensionabile, sei scatti di anzianità di aumento all'atto pensionistico. Richiesta di avvio della previdenza complementare per tutte le forze armate e calcolo del sistema pensionistico retributivo sino alla data di effettivo avvio della previdenza complementare. Richiesta di assunzioni utilizzando le risorse ad oggi destinate alla retribuzione del lavoro precario di almeno 3000 vigili prelevando dal concorso 814 e stop a nuovo precariato. Riconoscimento della specificità lavorativa per personale in uniforme con compiti di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria. Pagamento degli arretrati e indennità di soccorso, di calamità e di servizi resi in convenzione; nomina dei prefetti provenienti dai dirigenti del Corpo, per avere, come nella Polizia, un unico capo Vigile del fuoco. Richiesta di netta divisione tra Vigili del fuoco permanenti e volontari e di riforma del servizio volontario-precario con istituzione del Volontario in ferma prefissata. Richiesta di divisione contrattuale tra Vigili del fuoco e personale amministrativo contabile. Ripristino dell'articolo 7 della legge 1570/41 “il personale permanente dedica la propria attività in modo esclusivo e continuativo al servizio”; i distaccamenti esistenti e quelli volontari che superano i 600 interventi annui devono essere trasformati in permanenti e apertura di distaccamenti a Pantelleria, Lampedusa e Linosa. aumento delle risorse finanziarie per il funzionamento dei nuclei specialistici; assunzione di un medico per ogni comando; inserimento nel fregio dei Vigili del fuoco della sigla R.I. come per tutte le altre forze di polizia.

FONTE

lunedì 22 agosto 2011

Una strategia democratica per affrontare la crisi.

Cominciamo da una domanda.

La politica economica la devono fare i governi, la banca centrale (americana ed europea), i mercati o agenzie di rating?

Se vogliamo dare una risposta da un punto di vista democratico, dobbiamo considerare chi rappresentano tali attori.

I governi naturalmente rappresentano (in)direttamente i cittadini, con forme più o meno consensuali e democratiche.

La BCE è governata da funzionari nominati dai governi degli stati membri, che spesso provengono dalle fila delle maggiori banche di affari del mondo.

I mercati sono giganteschi aggregati di transazioni effettuate da molteplici attori, quali risparmiatori, speculatori, banche e imprese.

Le agenzie di rating sono società private che, mediante studi e ricerche indipendenti, forniscono giudizi su titoli obbligazionari e imprese, compresi i titoli di stato, a beneficio degli operatori del mercato.

La risposta alla domanda iniziale è quindi che (anche nei casi di governi poco o mal rappresentativi) i governi nazionali sono gli unici titolati a rappresentare tutti i cittadini, almeno teoricamente, e non singoli interessi finanziari, o economici.

Una volta stabilito questo proviamo ad analizzare cosa è avvenuto negli ultimi giorni e cosa possono fare i governi per risolvere la gravissima crisi attuale.

Essa nasce, come notano molti osservatori, dalle speculazioni dei ribassisti nei confronti dei bond americani, italiani e spagnoli (principalmente), cioè di quei titoli di stato con cui alcuni paesi hanno finanziato il proprio (eccessivo?) benessere o le spese militari, gli sprechi politici e amministrativi, e così via. Sembrerebbe dunque che tali stati subiscano attacchi di anonimi pirati della finanza, mossi dal proprio esclusivo interesse.

Ma è proprio così? Possiamo escludere che dietro quei ribassisti si celino corsari patentati al soldo degli interessi di potenze economiche ostili, che hanno in mano, magari, consistenti fette di credito dei paesi occidentali? Il sospetto c'è. Il debito pubblico italiano, per esempio è sempre stato consistente e appetibile grazie agli alti interessi garantiti da Roma. Perché proprio ora nessuno vuole più i bond italiani?

Inoltre, almeno nel caso degli USA, pesa il giudizio negativo di un'agenzia di rating, importante quanto si vuole, ma soggetta alla possibilità di errori di analisi, che in passato sono già avvenuti.

Di fronte a questa situazione, ci si sarebbe aspettati da parte della comunità europea un atteggiamento positivo e reattivo, una difesa degli interessi comuni che faccia fronte ad una situazione forse non è solo congiunturale, e la valutazione che un attacco speculativo verso uno stato membro debba essere trattata come un attacco economico verso tutta l'Unione: la risposta della BCE, che, ricordiamo, non è un semplice organo esecutivo, ma un'istituzione comunitaria, è stata invece simile alla risposta di un'istituzione finanziaria che sembra rappresentare interessi economici di mercato piuttosto che quella di un gruppo coeso di stati nazionali.

Quella di chiedere al governo di procedere a riforme immediate, non pattuite con i cittadini e le parti sociali, in materie delicatissime quali le privatizzazioni, i licenziamenti nei contratti a tempo indeterminato, i giovani, i precari e la produttività.

Tutto ciò in cambio del sostegno ai bond italiani e spagnoli, ma senza precisare (almeno non ai comuni mortali) la durata e l'ammontare dell'intervento. Questo atteggiamento chiarisce che gli stati membri devono agire per auto tutelarsi contro le speculazioni sul proprio debito procedendo da soli, senza contare su ulteriori aiuti di istituzioni comunitarie.

Al momento attuale l'impotenza sessuale dei governi nei confronti dei mercati finanziari internazionali si manifesta proprio su questo punto: i governi non riescono a bloccare le speculazioni e favorire gli investimenti produttivi sui mercati.

Delineato sommariamente il quadro della questione, ecco che si delinea una strategia che potrebbe essere messa in atto dai governi nazionali, se fossero dotati di leadership capaci e decise (vedi http://www.presseurop.eu/it/content/article/843881-cercansi-leader-urgentemente) .

Essa dev'essere una strategia guidata da semplici principi di buon governo, facendo affidamento sul consenso ed il buonsenso. Il paese dovrà ripagare i propri debiti, tagliare le rendite della speculazione che va contro gli interessi del paese, tagliare gli sprechi, incentivare l'aumento del PIL e migliorare la propria immagine internazionale.

1. È necessario che il paese smetta di spendere al di sopra delle proprie possibilità, ma anche che, come una buona famiglia, ripaghi il proprio debito. Il governo dovrebbe quindi chiedere alle proprie banche (obbligandole, laddove ne detenga una partecipazione influente) ed ai cittadini di comprare BTP. Con l'obiettivo di far tornare in mani nazionali la maggior parte dei titoli di stato. A tale fine dovrebbero essere pure indirizzate tutte le entrate derivanti da privatizzazioni, liberalizzazioni e tagli dei costi politici ed amministrativi.

2. Poiché una parte consistente della crisi nasce dalla speculazione finanziaria, è immorale non tassare le rendite che ne derivano.

3. Il governo dovrebbe tagliare gli sprechi partendo da quelli politici, amministrativi (cominciando a ridistribuire i dipendenti pubblici negli uffici dove c'è veramente un carico di lavoro e chiudendo gli uffici inutili), assistenziali, diplomatici e militari. Se si hanno troppi debiti non si possono mantenere politiche estere costose ed eccessive, ancor prima che strutture amministrative faraoniche costituite da ministeri, regioni, province, comuni, circoscrizioni, e da parlamenti regionali, nazionali ed europei .

4. Non si possono salvare imprese di stato improduttive governate da manager che guadagnano stipendi e pensioni da re mida, quando il loro tocco produce solo perdite e debiti. Sono immorali benefici ineguali ai parlamentari, che ottengono la pensione dopo una legislatura, mentre pretendono che le donne lavorino fino a 65 anni.

5. È immorale e suicida consentire una forte evasione fiscale a una parte consistente del paese produttivo, evasione che ammazza il PIL e i cittadini che pagano fino all'ultimo centesimo di tasse.

6. Tutte le risorse andrebbero concentrate e razionalizzate per assicurare al paese un lavoro stabile eliminando il cosiddetto precariato (condizione lavorativa che rileva contemporaneamente due fattori di insicurezza: una mancanza di continuità del rapporto di lavoro e certezza sul futuro ed una mancanza di reddito adeguato su cui poter contare per pianificare la propria vita presente e futura), istruzione, giustizia, sanità, comunicazioni, energia e idee innovative, e denaro alle imprese che producono veramente qualcosa.

7. Obbligando inoltre le banche partecipate dallo stato a prestare i propri soldi in ordine di preferenza alle imprese innovative, alla ricerca, a chi produce beni reali, e ai consumi delle famiglie, piuttosto che impiegarli in avventure speculative. La base di una politica di aumento del PIL, spaventosamente basso di per se e di fronte a un debito pubblico che nel 2010 era di circa 1.843 miliardi di euro.

8. Stabilendo meccanismi di controanalisi della salute economica degli stati nazionali, che assicurino da panici immotivati e dai numerosi errori di valutazione che hanno costellato la storia delle agenzie di rating negli ultimi decenni. Istituendo in tal senso canali privilegiati che consentano con maggiore trasparenza agli osservatori indipendenti di conoscere la situazione reale del paese sotto ogni suo aspetto.

9. Partecipare a vere iniziative diplomatiche di pace nei paesi che guardano con fiducia al nostro invece che ad avventure militari che finora non hanno pacificato alcun paese (in Afghanistan ad esempio solo negli ultimissimi giorni, si sono registrati 4 feriti tra i nostri militari e decine di morti delle forze armate USA ed alleate a dimostrazione che il paese è tutto meno che pacificato). La forza delle armi non ha risolto la situazione» in Libia, Iraq, Somalia e molti altri paesi interessati in questi anni dagli interventi delle potenze occidentali.

10. Partecipare a iniziative umanitarie volte a migliorare l'economia delle aree sottosviluppate e strangolate dal debito verso istituzioni finanziarie internazionali.

11. Partecipare a partnership politiche ed economiche con paesi anche al di fuori della comunità economica europea. Favorendo mediante finanziamenti internazionali, nazionali e comunitari, la ricerca, l'innovazione, lo sviluppo.

Debito pubblico italiano: è allarme. Nuovi interventi correttivi potrebbero destabilizzare il Paese

di Roberto Mattei

E' inutile che la politica cerchi di rassicurare l'opinione pubblica sul debito italiano, sulla precarietà del lavoro e la disoccupazione. L'Italia è un paese allo sfascio: economicamente, moralmente e socialmente; neanche come italiani riusciamo più a sentirci uniti! Il governo Berlusconi aveva promesso di risollevare l'economia del paese, promettendo nuove infrastrutture e fonti di energia, telecomunicazioni, lavoro, liberalizzazioni, sostegno al “made in italy”, riorganizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione. Interventi che avrebbero dovuto portare a una riduzione del debito pubblico, un minor costo di quello residuo, una maggiore trasparenza, responsabilità ed efficienza della spesa pubblica. E invece solo speculazioni e aumento dei costi per i cittadini!

Non è tuttavia giusto colpevolizzare al 100% il governo, che ha ereditato un sacco di vecchi problemi, nonché uno Stato indebitato fino al collo con banche, imprese, stati esteri e tutti quei soggetti che hanno sottoscritto obbligazioni. Tutta la classe politica, da destra a sinistra, dal primo al terzo polo passando per il secondo, in questi anni ha dimostrato di fregarsene della cosa pubblica, preoccupandosi esclusivamente di mantenere poltrone e privilegi. Così le tre “I” tanto decantate da Berlusconi (Inglese, Informatica e Impresa), nel corso del tempo si sono evolute, dando vita a uno Stato autoritario che, attraverso Indecenza, Inconcludenza e Irresponsabilità, è riuscito a distruggere la costituzione e le leggi, i poteri della magistratura, l'unità nazionale e l'economia del paese. Una classe politica capace solo di chiedere onerose tasse, abituata da sempre ad abbandonare a se stessi i cittadini e a generare un malcontento sociale senza sbocchi che, oggi più che mai, si appresta a sfociare in disordine sociale; la gente che può scappa all'estero in cerca di fortuna, le famiglie fanno meno figli, le grandi, medie e piccole imprese, motore della nostra economia, si trasferiscono all'estero per non venire stroncate dall'esagerata pressione fiscale che li porterebbe a bancarotta certa (in Italia più di 12 mila aziende all'anno presentano istanza di fallimento).

In quest'ultimo caso, inoltre, c'è da chiedersi chi sia il vero ladro, l'evasore o lo Stato, visto che ogni cittadino paga ogni anno 7359 euro in termini di tasse, imposte e tributi e che nel 2013 la pressione fiscale supererà il 44 per cento per poter raggiungere il pareggio di bilancio e coprire il deficit pubblico. Non c'è da stupirsi allora se la percentuale delle imposte evase supera oggi il 38% e in alcune aree del paese, come ad esempio il sud, tocca anche il 66%. Lo Stato invece di ridurre gli stipendi e i benefici dei parlamentari nonché di dimezzarne il numero, taglia i fondi alla scuola, alla sanità e alle forze armate, incrementando le diseguaglianze che imperversano nella società italiana. Giovani, precari, famiglie in difficoltà, tutti vengono colpiti dalla manovra economica! E adesso che i mercati mondiali tracollano e che l'Italia sta affondando sotto i colpi della speculazione, il governo ha il coraggio di annunciare un'ulteriore manovra correttiva, una “cura per i conti pubblici” - così la chiamano i tecnici - per spremere ancora di più il popolo, senza nessuna pietà.

Questa volta però, il timore è che i cittadini dello Stato non resteranno a guardare: la gente si ribellerà, le piazze insorgeranno e sarà la fine per tutti. Sembra utopia, ma fatti come questi sono già accaduti nella storia di altri paesi civili come la Spagna, l'Islanda e la Grecia. Alla manovra da 70 miliardi di euro approvata lo scorso mese di luglio, si aggiungerà nei prossimi giorni un pacchetto di interventi integrativi urgenti, che potrà contenere:

  • tassazione di tutti i titoli finanziari, ad eccezione di Bot e CCT, dal 12,5% al 20%;
  • riforma del mercato del lavoro con possibilità di licenziare più facilmente il personale;
  • taglio degli stipendi dei dipendenti pubblici;
  • possibili interventi sulle pensioni di anzianità e su quelle delle donne nel settore privato;
  • stop sul ricorso indiscriminato dei contratti a termine, dannosi per l'economia;
  • piena privatizzazione dei servizi pubblici locali, dei servizi professionali e privatizzazione su larga scala dei servizi locali.

Le conseguenze di tali decisioni, anziché restituire credibilità alla nostra economia, potrebbero tuttavia provocare l'effetto contrario, generando un senso di sfiducia e panico nella popolazione. Se una situazione del genere prendesse il sopravvento, i risparmiatori potrebbero riversarsi in massa presso gli sportelli bancari per ritirare i propri risparmi, facendo fallire le banche per insolvibilità. Saremmo di fronte a un nuovo catastrofico 1929, con conseguenze inimmaginabili per l'economia italiana.